Avevo già visitato Exodus, ma quella volta si trattava di un’occasione particolare: era il giorno di Natale, ed ero andato con mia moglie e mio figlio, che aveva sette anni.
Ricordo l’intensità della mattina, trascorsa a parlare con i ragazzi: loro che scavano sulla mia vita – il senso di tante lotte – e io che cerco di conoscere le loro vicende, di delusione e di speranza.
Il brusio lieto del pranzo nel grande salone, e la festosa tombola nel pomeriggio, con “ricchi premi”.
Don Antonio, sereno e fermo, ogni tanto anche duro, come sa chi ha a che fare con le avversità del mondo e deve aiutare a superarle, senza perdersi. A fine giornata un senso di letizia: l’umanità che si incontra è, in genere, un’umanità buona.
E la percezione che Exodus può essere l’ “uscita” perché è, al tempo stesso l’ “ingresso”.
A un cammino non solitario.

Mario Capanna