“IO NON SONO UNA DROGA”: E’ UNO SLOGAN CHE OFFENDE CHI LA COMBATTE

13/05/2019

Ho visto, tra la nausea e la rabbia, il manifesto che pubblicizza la tre giorni del Cannabis Expo, consistente in una foglia di canapa sovrapposta alla sagoma del Duomo di Milano, con sotto scritto: “Io non sono una droga”. Non pensavo che gli idioti arrivassero così in basso, perché, io idiota a mia volta, mi ostinavo a credere che ogni cosa bella o brutta dovesse avere un limite. Avrei invece dovuto capire, molto prima, che i limiti esistono solo dove traspare una traccia di umanesimo, di cultura e di civiltà.
Sono stato abituato a lottare con chi ha sbagliato e non con chi ha confuso la politica con una partita di Monopoli. È arrivato il tempo che anche noi, dotati dell’uso della ragione e con qualche grammo di coscienza in più dei promotori del Cannabis Expo, cambiamo marcia e affrontiamo la comunicazione, la formazione, l’informazione e le nostre attività con pari impegno e assiduità.
Noi cattolici abbiamo lavorato e stiamo lavorando intensamente contro tutte le dipendenze leggere e pesanti, le devianze e il gioco d’azzardo, però ci siamo fermati li. Abbiamo sottovalutato l’importanza e le modalità della comunicazione. Davanti alle foglie di cannabis, anch’io mi imbestialisco, scrivo, maledico, poi finisco li. Urge impostare una strategia interdisciplinare, studiarla su più fronti, abbandonando i piccoli protagonismi pseudoparrocchiali e le prediche qualunquiste e devitalizzate. Vogliamo urlare che ogni tipo di droga uccide? Vedere a Milano uno slogan davvero irrecuperabilmente folle nella sua irresponsabilità, ci deve far pensare con urgenza che le piazze, dove attecchisce questa comunicazione, fanno parte integrante dei metodi.
Le provocazioni positive e i confronti tecnici e pratici vanno affrontati e non destoricizzati. Andare contro una società che ha posto tutto il suo impegno quotidiano a favore della foglia di canapa, banalizzando il dovere sudato, la fatica del camminare contro corrente, la ricerca seria della verità, nonostante l’incertezza dei risultati, anche minimi e poco gratificanti, significa supportare i gruppi impegnati, guardare lontano, costruire progetti e prevenire pazientemente i rischi, rieducando chi ha seguito indicazioni alla moda e scelto distributori puntualmente disseminati e pubblicizzati su misura di capricci “mortali”.
E dobbiamo ancora una volta tornare a dirci che per cancellare l’abuso delle foglie vanno irrobustite e sanate le radici.


don Antonio Mazzi