TV ALLA DERIVA, SPECCHIO DI UNA SOCIETA’ INCAPACE DI COMUNICARE

28/06/2019

Parlare del naufragio della parola comunicata è come parlare della scomparsa del benessere di una società. Si sta bene non solo quando si hanno soldi, una casa e fortuna, ma soprattutto quando la parola diventa panacea o, come dicono i veneti “companatico” dentro alle vicende della vita. La crisi della comunicazione equivale ad una crisi mortale. Vivere tra uomini e non tra manichini significa parlarsi, ascoltarsi, dirsi la verità. I nostri nonni concretizzavano questo principio sostanziale e indispensabile prendendo due sedie, sedendosi davanti casa, all’osteria o nell’orto, e raccontarsi tutto quello che succedeva nella piccola Italia del dopoguerra.
Allora per fortuna non c’erano i fattucchieri della comunicazione e i mezzi radiotelevisivi, capaci, tra una musichetta e l’altra, magari all’ora di cena, di rovesciarti addosso le notizie false, dibattiti al limite del turpiloquio e intrattenimenti non solo sul filo della stupidità, ma certamente antieducativi e socialmente negativi.
Rimanendo sul mio modo di comunicare, se fino a ieri i compagni cattivi e le persone mal nate si trovavano in quartieri e in città con etichette “pesanti” ora, con la televisione in casa, aperta ventiquattro ore su ventiquattro, sui computer e nelle diavolerie varie, non occorre fare fatica ed andare lontano perchè accada questo terremoto socio-morale. Il tutto tra l’indifferenza e la soddisfazione di buona parte della gente, con una minoranza che oltre i brontolamenti non va.
Questa crisi della comunicazione non tocca soltanto Tv di stato e non, ma tutti noi.
Da cittadini di un Paese civile dobbiamo capire perché ci siamo ridotti ad abbeverarci di questo livello di comunicazione, informazione, divertimento.
Se invece di chiedere sorsi di acqua pulita accettiamo che la nostra fonte sputi veleno, ipocrisia, interessi immorali e notizie sempre meno chiare e trasparenti, possiamo soltanto ammettere il tramonto della nostra convivenza vivace, ricca di proposte e di progetti, capace di sviluppare il meglio di noi e il meglio delle istituzioni da noi create.
Essendo però io positivo per natura, credo che anche i tramonti possano essere occasione di riflessione, di cambiamento e di ricerca del vero benessere personale e comunitario. E non penso soltanto alla televisione, ma alle nostre città, fino al più piccolo Comune d’Italia.


don Antonio Mazzi