Si muovono i mondi, le persone, i ragazzi, i pensieri. Da oltre trent’anni Exodus si muove in carovana, riducendo all’essenziale il bagaglio perché il viaggio è, da sempre, sinonimo di leggerezza.
Questa estate, nonostante temperature roventi e pioggia praticamente assente, ha visto gruppi di giovani in cammino, zaino sulle spalle e costante ricerca di una fontana d’acqua.
Margaret Mazzantini nel suo libro Mare al mattino scrive che “la storia dell’uomo è la storia della sua fame, di affamati che si spostano”. È così, è per questo che si muovono i mondi.
Il Perdono di Assisi, che si celebra ogni anno il due agosto, nasce dall’intuizione di Francesco che chiede a papa Onorio III un luogo dove la gente possa “transitare” per dissetarsi di perdono. Il Papa all’inizio non capisce, fa calcoli misurati sui giorni necessari per mettere a tacere l’insistenza di Francesco. Niente crociate, niente costose indulgenze, niente penitenze impossibili: per quanti giorni vuole che gli conceda questo? Ma Francesco, che ha superato la logica dei mercati e dei mercanti da cui proviene, non vuole giorni ma persone.
Ancora oggi parlare di perdono significa un po’ tornare ad una logica che rimanda al senso del peccato, della penitenza e dell’indulgenza. Invece perdono è null’altro che dono moltiplicato, e quel 2 agosto noi che eravamo in carovana insieme ai ragazzi della comunità di Milano, l’abbiamo sperimentato.
Nel nostro percorso a piedi fino ad Assisi abbiamo scoperto, all’improvviso, che non eravamo i soli a camminare e che in quel momento migliaia di giovani erano in carovana come noi.
Arrivavano da tutta Italia, dall’Europa, a piedi o in bicicletta, uno zaino sulle spalle e una voglia incredibile di fare festa. Migliaia i giovani che si sono dati appuntamento in piazza e noi eravamo lì con loro a cantare, ballare, attraversare in silenzio la Porziuncola sapendo che per arrivare fin lì era stato necessario mettersi in cammino.
Un ragazzo che ha vissuto questa particolarissima esperienza nel suo diario ha scritto: “C’è una frase di don Antonio che dice: la speranza è il sogno dell’anima sveglia. Nella festa del perdono i tanti giovani che hanno camminato affrontando il caldo e le salite, attraverso la fatica – come noi! - rappresentano il senso di questa frase. Ci siamo mischiati nella folla, abbiamo ballato, come piccoli pezzi di qualcosa che è molto più grande di noi. Così ho capito l’importanza di prendersi dei momenti per osservare quanto c’è attorno a noi e come è tutto connesso.
Persone diverse con storie diverse e provenienti da posti diversi, tutti in fondo cerchiamo la stessa cosa. E questo sguardo mi ha riportato a qualche anno fa quando cercavo il mio posto nel mondo, e non mi accorgevo che ogni luogo nel mondo ha un posto per me”.