LA TRAGEDIA DI UN FIGLIO, IL DOLORE DEI GENITORI: QUESTA SÌ È UNA LEZIONE

12/04/2016

Cari Donatella e Livio,
mi pare un’idea straordinaria, eccezionale, quasi eroica, perché ancora sanguinante, quella di incontrare gli amici di vostro figlio Lamberto, ucciso il 19 luglio al Cocoricò da una dose di ecstasy liquida. Raccontare e testimoniare, nella terza C del Liceo Scientifico di Città di Castello, quanto e come avete vissuto questa tragedia, credo sia stato per voi rinnovare dentro la morte, la disperazione, l’assurdità.
Solo i genitori veri sanno fare questo per amore del loro figlio e per amore dei figli degli altri. Grazie per questo coraggio! Nelle scuole italiane le “lezioni di vita” dovrebbero sostituire più spesso i racconti delle battaglie di Annibale o le guerre Puniche, o le campagne napoleoniche. Urge scoprire modi più idonei per aprire gli istituti scolastici ai problemi del mondo.
Torno a voi. Sono sempre, o quasi, i genitori a portarsi dentro i sensi di colpa, i dolori, gli sbagli, i pesi, i preconcetti che la società, con una superficialità vergognosa, scarica su loro, soprattutto quando trattasi di drammi di questo genere. Mi pare un modo ingiusto, all’italiana e sempre più generalizzato. È ora che la scuola investa e, a suo modo contesti tali abitudini. Inserire nei programmi, sistematicamente e non episodicamente, presenze, testimonianze ricche di esperienza, di saggezza, di sofferenza, di fatica, di gioia e di festa, completerebbe i compiti che la scuola moderna deve sentire suoi, che oltrepasserebbero sapientemente l’area didattica e istruttiva, per toccare lembi di terreno giovanile vitali, delicati, ma non più delegabili solo alle forze dell’ordine, alle famiglie o alla società extrascolastica.
Leggendo la cronaca dell’incontro vostro con i compagni di Lamberto, ho rivissuto un’altra tragedia, per fortuna finita bene: quella di Giorgia Benisuglio. Ho ancora negli occhi il silenzio glaciale, gli sguardi immobili e incantati dei ragazzi di allora. Sarà stato così anche per voi.
Tra le dichiarazioni però che mi hanno colpito di più e che sono state dette, non so se dentro o fuori l’aula da te Livio, è stato il breve racconto intimo, tutto dolcezza e tenerezza.
“A casa la camera di Lamberto ha la porta sempre aperta. Voglio ricordare, voglio rendermi conto che lui non c’è più ogni volta che ci passo davanti. Non c’è ma c’è più di sempre. Farà male, ma niente sarà mai peggio di averlo visto inerme quella notte, la più buia della mia vita”.
Chiedo scusa a te Donatella, ma fammi dire che il dolore dei padri, di solito viene sempre molto dopo i dolori vostri. Io questi dolori paterni li conosco bene.
Profondi, muti o meglio ammutoliti e devastanti. I padri tengono dentro!
Non dimentichiamocelo. Perché i due dolori messi insieme, quello di Donatella e quello di Livio, ci devono aiutare a cambiare il modo di scrivere, di ragionare, di commentare, di criticare. Di nuovo grazie a voi due e grazie alla scuola. Spero tanto che queste cose si ripetano!

Don Antonio Mazzi