COME MAI PAPA FRANCESCO HA SETITO IL BISOGNO DI CORREGGERE IL “PADRE NOSTRO’?

19/12/2017

È già da tempo che noi, amanti del Padre Nostro, avendo intuito che questa preghiera è nata dall'amore di un Dio che fa del perdono e della misericordia il suo progetto di vita, abbiamo ritoccato, senza aspettare tante autorizzazioni, la frase che ci sembrava stonare se non addirittura contraddire l'intero contesto.
Occorreva poco per capire (soprattutto a noi pecorelle perdute) che "non ci indurre in tentazione" non traduceva bene la dolcezza e la tenerezza paterna di Dio.
Come può il Dio del perdono essere nello stesso tempo il Dio che prepara le trappole per farci cadere in azioni contrarie al suo progetto? Non abbiamo aspettato i teologi e abbiamo cambiato.
Invece di "indurci" abbiamo chiesto di non essere "abbandonati", di "non lasciarci soli" davanti ai trabocchetti del mondo. Qualcuno ci ha tirato le orecchie. Per i cattolici doc chi ritocca anche le virgole dei sacri testi, rischia grosso.
Piacciono le formalità, le pause misurate, gli inchini, le cerimonie. Il Dio del sabato valeva, e vale ancora, di più del Dio della misericordia. Il Papa ci ha spiegato che se cadiamo in tentazione non è stato certamente Dio a darci la classica spintarella, ma il nostro egoismo.
È d'obbligo per il Papa della gente, della strada, dei poveri, delle periferie, evitare equivoci dentro la più cristiana delle preghiera. E con la sua semplicità, unita alla sincerità e alla pastoralità, ha cambiato anche lui "un verbo" lasciando al diavolo il suo mestiere e a Dio la sua sconfinata bontà.

Don Antonio Mazzi