Papa Francesco, con la sconvolgente semplicità che lo contraddistingue e la profondissima conoscenza del mondo, venendo dal suo profondo, ogni volta affronta nei modi meno burocratici e nei luoghi meno vaticani situazioni e criticità le più delicate e le più dolorose.
Il giorno dodici di agosto ha incontrato, a sorpresa, una ventina di donne liberate dalla schiavitù del racket della prostituzione. Vivono in una comunità romana fondata, a suo tempo, da un carissimo mio amico, nonché santo uomo: don Oreste Benzi, famoso non solo per aver salvato tossicodipendenti ma, soprattutto, per aver avuto il coraggio di recarsi di notte lungo le strade battute da queste creature e, con il rosario in mano e la veste da prete consunta, convincerle ad uscire da quella “schiavitù”. Spero tanto, per la grande amicizia e stima che ci ha sempre legati, che venga “esaltato” dalla chiesa. Perché, se c’è uno da fare santo subito, è proprio don Oreste.
Torno al Papa, il quale lasciando tutti di stucco (come si dice) ha chiesto perdono a queste donne. “Io vi chiedo perdono per tutti quegli uomini che vi hanno fatto soffrire”. Ma, non contento, all’Angelus, davanti a una piazza San Pietro stracolma, ha ribadito, ancora più “accoratamente”: “Pensiamo alle donne sopraffatte dal peso della vita e dal dramma della violenza, alle donne schiave della prepotenza dei potenti, alle bambine costrette a lavori disumani, alle donne obbligate ad arrendersi nel corpo e nello spirito alla cupidigia degli uomini. Chiediamo al Signore che lui stesso le porti per mano sulla strada della vita e le liberi da queste schiavitù”.
Il discorso ripropone un problema umiliante per tutti noi, ma soprattutto per noi che predichiamo e combattiamo affinchè ogni uomo, donna e bambino vengano amati e rispettati, qualunque sia la loro nazionalità, fede e cultura. E tale discorso non può non commuovere e far piangere noi di Exodus, in modo particolare.
Perché mentre don Benzi “batteva” le strade, io, con i miei, lavoravamo nel Parco Lambro e attorno alla Stazione Centrale di Milano proprio per liberare dalla droga, dalla prostituzione e dalla violenza, allora molto più spaventosa di oggi, migliaia di persone. Abbiamo rischiato molto nella prima Unità mobile regalataci dagli operai della Rizzoli.
Erano gli anni ‘70/80 del secolo scorso. Da illusi pensavamo che le nostre fatiche diurne e notturne portassero più risultati. Invece lui, don Oreste dal cielo, io, don Antonio dal Parco, siamo ancora qui a domandarci perché il cuore dell’uomo, creato per amare, sia usato invece per ben altri scopi, vergognosi e animaleschi.
Ora si è aggiunto Papa Francesco. Certamente il Padreterno avrà per lui un particolare riguardo e renderà la sua preghiera e le sue invocazioni più efficaci.
Don Antonio Mazzi