CONTRO GLI “INCHINI” EDUCAZIONE E FERMEZZA

17/06/2016

Ci sono tanti modi per essere servi di due padroni e purtroppo, pare, che questo giochino venga usato spesso e volentieri non solo in politica e nelle attività collegate ad interessi più o meno puliti ma, quello che più scoccia e che avvilisce i cuori dei normali cittadini, che venga usato anche nelle funzioni religiose con le madonne, i canti nelle processioni e nelle piccole icone che si trovano lungo le strade o in località presidiate da personaggi poco trasparenti e dotati di capacità pericolose e offensive della coscienza, della civiltà e della serenità popolare.
Il Papa, o meglio i Papi, si sono espressi in modo molto chiaro, energico, appassionato perché sia i fedeli che i pastori delle anime, non si prestino ad atteggiamenti equivoci e ispirati mafiosamente. Ma, per ora, con riscontri poco efficaci.
Nei giorni passati, per l’ennesima volta, durante una processione si sono fatti degli inchini e fermate poco cristiane, poco evangeliche e indecorose. Con qualche “smorfia” in più, non solo dei fedeli ma anche dei Pastori. A Livardi, diocesi di Nola, don Fernando ha abbandonato la processione della Madonna del Rosario, quando ha intuito che un gruppo di fedeli aveva deciso di fermare la statua della Madonna, e rivolgerla verso l’abitazione di una certa famiglia, nota alle forze dell’ordine, “in quanto parte attiva in quello scellerato sistema di malaffare e ingiustizia chiamato camorra”.
A Corleone, invece, il carro di San Giovanni Evangelista si è fermato davanti all’abitazione di Ninetta Bagarella, moglie del capomafia Totò Riina e sorella di Leoluca. È scoppiata la solita polemica, aperta dal Sindaco, irritato perché, secondo lui, ogni gesto che avviene in certe località si trasforma immediatamente in omaggio, inchino, sosta ingiustificata ai boss, soprattutto quando trattasi dei Riina.
Comunque, il motivo del mio disagio non è solo questo, ma la “finta” superficialità con la quale il parroco ha descritto e spiegato il fatto. “È vero che la sosta non era prevista ma è stata obbligata, perché altrimenti si correva il rischio di investire la gente, e anche perché in quella località ci sono parecchi malati e anziani devoti, tanto devoti di san Giovanni Evangelista”.
I due Vescovi, sia quello di Nola che quello di Monreale, sono intervenuti, il primo lodando don Fernando: “Ribadisco il mio sostegno e la mia preghiera per i parroci della diocesi che quotidianamente si trovano a fronteggiare l’arroganza di quanti credono di poter disporre della chiesa, quasi fossero depositari della fede”.
E l’Arcivescovo di Monreale, invece, con tristezza ha dovuto ribadire ancora una volta che su episodi del genere non intende transigere e ha nominato addirittura “una commissione d’inchiesta”. Questi segnali esternamente piccoli e quasi insignificanti, nascondono un fenomeno del quale parliamo e discutiamo da sempre, ma che non ha trovato ancora una convergenza energica, autentica e costante di tutte le forze politiche, sociali, religiose. E io, come sempre, parto da molto lontano: dalla scuola e dalla catechesi infantile.

Don Antonio Mazzi