A Varese i migranti in attesa di un asilo politico verranno impiegati in lavori socialmente utili. È un’ottima notizia. Se non nascessero, con pensosa regolarità, secondi fini e gli equivoci finissero una volta per sempre, questa idea potrebbe essere adatta non solo ai migranti e ai rifugiati di Varese, ma anche a tanti carcerati e tanti adolescenti problematici.
Invece non si sa mai se dietro a queste proposte spuntino poi anche battaglie partitiche o buonismi di associazioni più o meno cattoliche. Troppe cose vanno chiarite. Non possiamo rischiare, come è accaduto in due delle mie comunità, che la gente si sia rifiutata di lavorare, di studiare (se ragazzi), di tenere bene le loro stanze e di mangiare con decenza. Credo sia urgente fare chiarezza tra povertà, tragedia, accoglienza, ospitalità, integrazione da una parte e malavita e violenza.
Da ignorante faccio fatica a capire perché le chiacchiere siano infinite e le scelte comunitarie siano lentissime, confuse, contradditorie, penosamente cariche di politichese, di buonismo e vuote di risultati anche minimi.
È ora di mettere in atto un vero e serio intervento. Ripeto che noi quando, in due nostre strutture, abbiamo tentato di organizzare l’alfabetizzazione, le pulizie, il lavoro, un minimo di orario e di convivenza, abbiamo avute le reazioni più disparate: ottime dai poveri veri, pessime e minacciose dai malavitosi, scappati dai loro Paesi per motivi ben diversi dalla povertà e che sono qui non per cercare un lavoro ma per dedicarsi ad affari loschi.
Regalare soldi favorendo la cosiddetta “industria dell’accoglienza”, proibire di lavorare (purtroppo in questo caso hanno la norma dalla loro parte) non solo non è educativo ma crea ulteriori divisioni anche tra noi cittadini ospitanti, e questo va a danno di tutti. Perché noi italiani siamo specializzati in elemosine, in mezze soluzioni, in proposte. Ma poi ci fermiamo lì.
In questi giorni piovono i milioni sui luoghi terremotati, ma dopo? Quando quei sfortunati riavranno un luogo decente dove viere? La storia passata ci insegna qualcosa o non ci insegna nulla? A Varese si sta dicendo che finalmente passiamo dalla demagogia ai fatti. Fosse vero. O meglio: potrebbe essere vero, perché nelle piccole città sono sempre accaduti miracoli che nelle grandi mai accadono.
Auguro “in bocca al lupo” al sindaco varesino Davide Galimberti e ricordo, a lui e a tutti gli italiani, che ad Amatrice colpita dal terremoto la scuola e le case le hanno rimontate per primi i trentini. Non è simpatico fare classifiche perché l’importante è partecipare, ma stavolta permettetemi di farle.
Don Antonio Mazzi