Sentivamo forte, in questo periodo, la “carica delle donne”, come si godono titolare i giornali che fanno opinione. Non ci siamo ancora stancati, stufati, imbestialiti della carica dei “maschi”, soprattutto dei maschi più idioti, che sanno fare solo cariche non avendo altro nel cervello.
Noi vogliamo le donne-donne, non le donne che, sedute sulle poltrone fino i ieri degli uomini, fanno il possibile e l’impossibile per copiarli. Le lady di ferro, e le avvocatesse virilizzate, non ci servono. Anzi, se ci sono, vadano a casa.
In questa società dobbiamo far capire che il sorriso, l’eleganza, la determinatezza e la coscienza politica non hanno bisogno di gente che urla e fa a gara a chi spara banalità più che dozzinali. In tempi di crisi si deve tentare qualcosa di nuovo, non solo qualcosa di innovativo.
Gli uomini tenterebbero al massimo, o meglio arriverebbero, all’innovativo. Questa che viviamo, essendo una crisi vera, globale, epocale, solo la donna, l’altro genere, può indicarci una via nuova. Preoccupa poco che la donna sia di un partito o di un movimento a me simpatico o antipatico.
Mi va bene la Raggi che scopre i topi a Roma, come la piemontese Appendino, come la Hidalgo, la Carmena, come la Theresa May gran lavoratrice e preside calma, come la Garcia Olivero, per la prima volta vice direttrice della Sala Stampa Vaticana.
è la donna il nuovo. Per nuovo non intendo qualcosa di diverso dal vecchio. Anche perché gli uomini sono riusciti a trasformare tutto in vecchio. E parlando di vecchio torno, con cattiveria, ai privilegi sfacciati, al lavativismo che ha caratterizzato, per decenni, l’intero mondo politico, alla strategia “della baruffa” scelta come elemento “qualificante” e immancabile dopo ogni intervento, allo sfoggio spudorato di centinaia di telefonini, i-pad costantemente aperti durante le assemblee parlamentari, alle poche decine di presenze giustificate rispetto alle centinaia di assenze ingiustificate e mai denunciate da qualche Giudice, magari donna.
Per me l’arrivo della donna è soprattutto l’arrivo di una sensibilità sconosciuta, di una serietà professionale che nelle donne-donne (non quelle maschilizzate) è sempre esistita.
Spero, inoltre, che i grandi temi umani, sociali, educativi, mondiali, femminili, abitino le prime righe e non le ultime, nei programmi politici. E infine, che in questo mondo infame e capace di produrre più armi che bambini, trovino posto soldi, tenerezza e sensibilità per le madri, per i bambini, per i libri, per la scuola.