Ci stanno scappando parole grosse e titoli sproporzionati, solo parzialmente giustificati dai fatti che leggiamo sui mass media di queste ultime settimane. Siamo riusciti a mettere insieme movimenti politici, tifoserie scatenate e guerre di religione.
Ne sta uscendo un minestrone avvelenato che creerà ricadute con conseguenze disastrose. Mettere insieme tre mondi così importanti e definirli con il titolo di guerra, mi spaventa. è vero che succedono misfatti nauseanti e senza motivazioni, ma è anche vero che tra sport, religione e politica ci passa un oceano.
Perciò è più che urgente parlare, discutere, capire, ma è ancor più urgente non lasciarsi prendere dalla superficialità o dalla voglia di macabro e sacrilego. Per non dire e commentare cose delle quali potrebbero parlare molto più seriamente altri personaggi, torno sul mondo dello sport.
Non so spiegarmi perché il tifo ormai si identifichi con la violenza e, ancor peggio, arrivi sempre più spesso fino alla tragedia. Se lo sport era, fino a poco tempo fa, segno di festa, caciara, sbandieramenti i più impensati, vocaboli inventati e trasformati in vocabolari, ora non passa partita che, fuori o dentro lo stadio, il tifo non divenga macello, lotta, isterismo bestiale, praticato anche da gente che fino ad un’ora prima era normale, pacifica e tifosa come lo siamo quasi tutti, me compreso.
Oggi si parla di cani sciolti, emarginati, paranoici, dissociati, tagliagola. Trasformare tutto in guerra pare sia la nuova invenzione elaborata fin nei più piccoli particolari da una razza di persone trasformate in assassini.
Come possiamo accettare che un venticinquenne si permetta di urlare contro gli Europei di calcio, dicendo che diventeranno un cimitero? Come può uno come questo Abballa, già schedato, con precedenti e guai giudiziari, arrivare a compiere una strage, armato da kamikaze, in una nazione ipercontrollata come la Francia?
I massacri dove si insegnano? A scuola, in galera, nei centri commerciali, nei bar delle periferie? Perché questi sono i pensieri che ci scappano fuori, causa la paranoia che ci assale.
Quanto c’entrano, poi, le droghe in questi fatti? Quanto pesano la vendita incontrollata e legale di armi di ogni tipo? Quali sono gli errori dei politici per un verso, dei presidenti sportivi per un altro e delle forze dell’ordine, non coordinate o collocate in luoghi e tempi sbagliati, per un altro ancora?
Se ne parlassimo di meno, quasi felici di spaventare e lavorassimo con pazienza e caparbietà nelle scuole, nei programmi televisivi, nei dibattiti politici; se con le tifoserie sapessimo distinguere i pazzi dai tifosi e gli infiltrati dagli spettatori, non sarebbe un metodo preventivo concreto e più efficace?
Don Antonio Mazzi