Ancora un’altra tragedia, al sud e tra due treni che trasportavano studenti, operai, gente normale. Mi domando, vivendo io sempre tra i più poveri e disperati, se il buon Padreterno sia oggettivo o soggettivo. Però queste domande non le posso fare a voi.
Me le tengo. Anzi le rovescio e, senza bisogno di copiare Gramellini, vi debbo dire che quando ho visto la fila di giovani pronti a donare il sangue, e quando ho saputo che in breve tempo ne avevano ricevuto più del necessario, ho guardato in su e ho detto: allora è vero che solo i poveri di o in spirito guadagneranno solo il regno dei cieli e mai quello della terra. Perché i poveri arrivano, in questi momenti, sempre prima e senza darsi le arie né di salvatori della patria, né di cristiani doc.
Io non credo che ci siano due Italie. Io credo che esista un’Italia vera e regolarmente bistrattata e un’Italia regolarmente fortunata o privilegiata e falsa. Userei ben altre denominazioni. Tra cui la più educata e cristiana sarebbe: una non Italia, che usa gli italiani veri quasi fossero un antipasto.
Leggevo da qualche parte, giorni fa, una riflessione del profeta Isaia e riguardava il rapporto stretto che c’è tra fede, giustizia e povertà: “Ecco perché la sollecitudine per le povertà è la condizione teologica necessaria per la fede: è il primo “non ancora” verso cui muovere, è il segnale per non ridurre Dio (e la società) a un bene di consumo. Si può diventare idolatri anche insieme ai poveri, ma non si segue il Dio biblico senza i poveri”.
Ho collocato la mia riflessione su una lunghezza d’onda che mi fa sempre più disorientare. Perché il giorno dopo ogni tragedia i politici, i giornali, i laici, i preti, e i cosiddetti fedeli che vanno in chiesa, noi tutti, me compreso, troviamo decine di motivi per accusare, giudicare o giustificare i fatti.
Alla fine, però, chi ha risposto alla tragedia sono stati i giovani in fila, pronti a dare il sangue. Tra poveri ci si capisce. E tra poveri siamo sicuri che non cambierà niente, oppure se cambierà, servirà più a chi già ha e già aveva.
In questo caso i soldi c’erano e c’era anche il resto. Ma chi andrà in galera non sarà nessuno di loro. Verseranno solo lacrime perché fare i fratelli ogni tanto è molto più comodo che essere fratelli sempre. E questo lo dico soprattutto per noi che andiamo in chiesa, che riempiamo di fiori quei maledetti posti.
Secondo Isaia deve arrivare il giorno che tra Dio e mio fratello c’è una sola diversità: che Dio è di carne e ossa come i 23 miei fratelli che sono morti. Ma fino a quando Dio è un idolo, dentro al suo tempio, ci sarà sempre un treno di poveri (o qualcos’altro) che porterà cadaveri e “ritardi” inspiegabili.
Don Antonio Mazzi