È interessante apprendere che la Pontificia commissione per la tutela dei minori, istituita da papa Francesco nel 2014, viene sollecitata a prendere in considerazione una prima stesura di linee guida sulla questione dei circa 4000 figli messi al mondo da preti.
Il problema è certamente delicato ma ha bisogno che venga data qualche risposta. Siamo appena agli inizi del lavoro della commissione ed è abbastanza facile capire e prevedere quante saranno le difficoltà e le interpretazioni che insorgeranno su un argomento così complesso.
Diventare padri e rimanere preti, per il diritto canonico, non è possibile e la questione esige attente valutazioni. E quando il Vaticano parla di "attente valutazioni" dobbiamo chiudere i tempi normali del calendario e aprire i tempi ben diversi della pazienza.
Un bell'esempio, però, viene dai vescovi irlandesi. Ad agosto scorso hanno pubblicato già alcune linee guida. Quella che mi colpisce di più e mi meraviglia in positivo è l'affermazione che "le necessità del bambino devono avere la priorità". Vanno evitate, il più possibile, le ferite psicologiche a seguito della segretezza e della doppia vita parentale.
Molto bello anche se decisamente impegnativo. Infatti questi vescovi aggiungono, subito dopo, che le responsabilità del prete-padre rimangono tutte: "Un sacerdote, come ogni padre, deve far fronte alle proprie responsabilità: personali, morali, legali ed economiche". Quindi, secondo la Conferenza episcopale irlandese, paternità e sacerdozio possono essere compatibili, purché i diretti interessati non fuggano dai propri doveri sacerdotali e che le stesse autorità ecclesiali agiscano in tal senso. "Ogni caso" concludono i vescovi irlandesi, "va esaminato con attenzione".
Don Antonio Mazzi