L'ennesima indagine dell'OCSE rivela che i nostri studenti, al secondo anno delle superiori (ne sono stati coinvolti nell'indagine 3500), sarebbero incapaci di lavorare in gruppo, cioè di fare gioco di squadra, e sarebbero al trentesimo posto su 51 paesi del mondo.
Secondo l'inchiesta, i nostri quindicenni sarebbero ottimi nel risolvere i problemi da soli, tanto da risultare sopra la media, ma pessimi nel praticarli insieme. La nostra scuola, diversamente dalle altre scuole europee e mondiali, trascura questo aspetto che domani, nella vita e nel mondo del lavoro, sarebbe indispensabile.
Come il solito, la caduta al trentesimo posto sarebbe, come sempre, colpa dei quindicenni. Vogliamo, anche nel denunciare o nel riportare notizie, fatti e cose riguardanti i nostri figli, raccontare le cose come vanno raccontate?
Lo dico da sempre che la nostra scuola va rivisitata da capo a fondo, cominciando dalla formazione e preparazione dei docenti. Lavorare in gruppo non è mai stata una priorità, forse nemmeno è stata pensata come normale attività e metodologia.
I dirigenti scolastici anziché favorire i docenti (e non sono pochi) che già attuano alcune sperimentazioni per sviluppare le competenze trasversali, spesso e volentieri ritardano, impediscono o svalutano. Ci sarebbero sempre di mezzo il programma, le materie, le interrogazioni, le verifiche e altre cose varie.
La serietà non prevede il disordine procurato in aule nelle quali i banchi devono essere in fila come alle elementari o dove la biblioteca verrebbe invasa, o l'aula sacra dei docenti, il sancta sanctorum del tempio scolastico, occupata da qualche utile e proficuo lavoro di gruppo.
Non abbiamo ancora capito, nonostante quello che vediamo nell'ultimo decennio, che vivere è un'avventura. Quindi insegnare è vivere, non è solo insegnare a leggere, scrivere e far di conto.
È soprattutto insegnare a conoscere che ci sta attorno, per arrivare a conoscere il mondo che ci circonda. O meglio ancora: saper introdurre una cultura di base che faccia sintesi costante tra conoscenza ed esistenza. Lo sanno i dirigenti della scuola questo?
Don Antonio Mazzi