Quando fai il  poliziotto lavori per la strada e incontri spesso dolore e sofferenza. È  possibile allora cadere nell'errore, nel comodo pregiudizio di pensare che il  mondo sia diviso in due categorie di persone: quelle che soffrono, sbagliano,  vivono spesso nell'illegalità, ai margini della società e in fondo "se la  sono voluta", e chi invece fa le scelte giuste, si comporta bene e quindi  merita più fortuna degli altri. 
                                    Se provi ad andare  avanti, a non fermarti al pregiudizio, ad andare oltre i comportamenti e le  scelte sbagliate delle persone, spesso  incontri storie incredibili di sofferenza, abbandono, rabbia, solitudine,  sconforto.
                                    Domenico ed io, (e  tutti coloro che contribuiscono a questo progetto, in particolare Maurizio  Maritati che ringraziamo), apparteniamo per nostra fortuna a questa categoria  di persone; non ci fermiamo di fronte alle apparenze ma, nel nostro lungo  percorso professionale, ci siamo  domandati come potevamo ridurre un po' di questa sofferenza ed aiutare chi è  meno fortunato di noi.
                                    Un giorno di qualche anno fa ci siamo conosciuti ed è nato il progetto "Doppia Vela Solidale", sul  lago di Garda (VR), grazie soprattutto al prezioso contributo di un grande uomo  della Polizia di Stato, il dr. Giampaolo Trevisi - Dirigente della Scuola di  Polizia di Peschiera del Garda - che ringraziamo. 
                                    Ma perché la scelta della  vela? E' davvero possibile che uno sport così possa aiutare dei ragazzi a  superare le loro difficoltà? La barca a  vela non è solo uno sport, ma anche un luogo di convivenza molto ristretto  in cui un equipaggio di 6/7 persone condivide spazi, discorsi, emozioni.
                                    Ciascuno a bordo svolge  un proprio ruolo preciso: timoniere, prodiere, randista e ognuno deve  svolgere al meglio il compito che gli viene affidato per non compromettere  tutto il lavoro degli altri. 
                                    Con l'accumularsi delle esperienze l'equipaggio condivide un  percorso, una storia propria e diventa così un gruppo. I ragazzi fanno  l'esperienza di potersi fidare di altri, accomunati da paure, idee, punti di  vista sul futuro, sulla comunità, sul senso delle loro esperienze, dei loro  obiettivi.
                                    Recentemente abbiamo partecipato alla "100 people", una regata molto competitiva che si svolge sul nostro  lago di Garda; due ragazzi e un ragazzo della Casa di Beniamino di Cavriana  (MN) hanno provato l'emozione di quando si prepara un evento importante come una  gara.
                                    Abbiamo trascorso una  notte in barca e respirato insieme l'odore dell'adrenalina nostra e di tutti i  partecipanti; quasi un centinaio di equipaggi concentrati in un piccolo  porticciolo, in uno spazio ristretto, professionisti e non, colori, tecnologia,  slogan, sponsor, tv, giornali: un contorno da "sballo!!"
                                    Sorridono i nostri  ragazzi. Scoprono che ci sono cose  che emozionano, che la vita ha molti lati belli, che le persone sono anche  buone, che ti puoi fidare!
                                    È difficile tradurre in parole piccoli segnali e momenti che  per noi significano tantissimo nel momento in cui li viviamo. Ricordo una  giornata in cui abbiamo incontrato un vento molto forte e al timone c'era una  ragazza, tra i nostri migliori timonieri. Alla sera ci ha abbracciato e  confidato che quello era, dopo anni, il suo primo giorno senza metadone ma che  per tutta la giornata non lo aveva mai pensato perché presa dell'emozione di  riuscire a condurre la barca tra forte vento e onde.
                                      
                                     
                                    Davide Baraldi e Domenico Caruso