Non so quanto sia felice l’idea del ministro dell’Istruzione di insediare una commissione per costruire le linee guida dell’uso dello smartphone in aula. Passiamo dal niente al tutto, con la facilità con cui un italiano passa, al ristorante, dal primo al secondo.
Certamente dobbiamo, non solo a scuola, fare uso normale e corretto dei nuovi modi di comunicare, di imparare, di conoscere e di vivere. Però introdurre nella scuola che va male, oppure, per non essere pessimista, a una scuola che è alla ricerca di rinnovarsi dalle fondamenta, la cosa più rischiosa, quasi fosse l’elemento essenziale della ripartenza, come lo smartphone, mi pare stravolgere l’intero processo.
Mentre andiamo dicendo che tutto l’impianto scolastico va ripensato, dalle elementari alle superiori, nelle strutture, nei programmi, nei metodi, nella formazione dei docenti, nel dialogo scuola-famiglia, inserire a sorpresa un elemento che supporrebbe già le infinite cose dette sopra, mi lascia forti dubbi.
Confondere i mezzi con gli obiettivi, con i metodi e con le finalità della scuola, non fa bene a nessuno ma, soprattutto, non fa bene ai nostri figli. È vero che dobbiamo riportarci ai livelli degli altri Stati europei, perché siamo negli ultimi banchi ma è anche vero che la scuola non è solo apprendimento ma è soprattutto luogo educativo.
Non so se le famiglie siano pronte alla presenza degli apprendimenti digitali per i figli, pensandoli strumenti essenziali. Docenti e genitori vanno preparati per primi, soprattutto evitando di saltare tappe intermedie di maturazione dell’intero fenomeno socio-culturale.
La scuola deve aiutare i giovani a conoscere sé stessi, la società, ad affrontare il mondo meno indifesi e “dispersi”. La fretta di rincorrere i fenomeni falsamente culturali, reputandoli primari, ci potrebbe riportare più in alto tre le statistiche europee. Basta questo?
Don Antonio Mazzi