SONO MOSTRI E LI ABBIAMO GENERATI NOI

24/01/2017

L’età anagrafica di Riccardo e Manuel è il primo dato che colpisce e sconvolge: 16 anni. Appena adolescenti. Come è potuto succedere?
È successo e succederà di nuovo. Il problema è capire cosa accade oggi ai ragazzi tra i 10 e i 18 anni, su quel periodo gli adulti hanno girato lo sguardo, intanto i ragazzi sono profondamente cambiati. La precocità della pubertà fa esplodere istinti e fisicità che non sanno sottostare ad alcuna regola. Agiscono sull’onda di rabbia e frustrazione, in base a un impulso animale, anche quando compiono gesti del genere di quali poi tornare indietro è impossibile.

Madre, padre, figlio. Cosa può non aver funzionato tra loro?
Ovviamente i genitori di Riccardo, ma anche quelli di Manuel, sono vittime e sarebbe inutile processarli perché cercano di dare tutto ai figli. Occorre invece capire che i ragazzi vanno ascoltati. Molto e con pazienza. Sembra banale, invece gli adulti si spaventano e si ritirano in buon ordine o, al contrario, li castigano. Come si fa con i bambini. Ma con gli adolescenti non funziona più. Leggo che Riccardo avrebbe insultato pubblicamente la madre perché insisteva sulla scuola. Era evidentemente il tentativo di dare norme, di imbrigliare il figlio in una vita più regolare, essere rifiutato in modo così plateale. Era forse anche un grido di allarme ignorato.

Si è fin da subito parlato di pene alternative. Quel è la scelta giusta?
In Italia funziona così: appena i ragazzi sbagliano, li mandiamo in un posto in cui tutto è peggio di loro. Io dico che devono pagare, ma stare dietro le sbarre non li aiuterà perché lì possono solo conoscere altra violenza. Ci sono luoghi diversi, centri per i giovani, dentro i quali possano scontare la pena, ma facciano anche altro. La scuola, per esempio. La cella servirà solo a caricarli d’altra rabbia.

Potranno essere recuperati, sognare un futuro diverso?
O li cambi ora oppure li perdi per sempre. Certo è una sfida. Bisognerà aiutarli a prendere coscienza di quello che hanno fatto e gettare le basi per un senso del dovere che non hanno. Bisognerà convincerli che possono farcela anche quando l’unica cosa che desidereranno sarà ammazzarsi. Che il cambiamento esiste, che si può costruire. Che con questo errore, seppur terribile, non sono morti anche loro.

Don Antonio Mazzi