A Livorno un signore compra all’asta la casa di un disabile e poi gliela restituisce. Il signore non vuole pubblicità perché “il bene lo si fa e basta, senza altri fini”.
Il signore ha pienamente ragione, però credo di avere ragione anch’io che sento il bisogno di raccontarlo questo bene, a dispetto di coloro che non solo il bene non lo fanno ma, al contrario, morbosamente cercano e raccontano soprattutto di misfatti e di violenze.
In Italia si fa tanto bene e lo fanno in molti. Racconto: Alessandro è disabile al 75%. Ha 46 anni. Lavorava e, per cause non ben chiarite, è stato licenziato obbligandolo a vivere con la sola pensione di circa trecento euro. Il fatto lo ha colpito e demoralizzato così profondamente che ha finito per procurargli un ictus.
In questi giorni, infatti, sta facendo una riabilitazione lunga e difficile nell’ospedale di Volterra. Pare che la vera causa del male sia dovuta non solo al licenziamento, ma soprattutto all’impossibilità di pagare il mutuo della casa nella quale viveva.
Casa che passa nel frattempo all’asta giudiziaria. L’anonimo benefattore di cui parliamo, informatosi dei fatti, si è messo in contatto con il fratello di Alessandro e ha deciso di comperarla all’asta giudiziaria per garantire, allo sfortunato disabile, di tornarvi e di rimanervi per sempre, senza pagare nemmeno un euro di affitto.
“Se poi vorrà ricomprarla – parla sempre l’anonimo benefattore – la riavrà al prezzo che l’ho pagata io. Altrimenti potrà restarci a vita”.
È un vero peccato che questi piccoli gesti, ricchi di una umanità squisita, vengano a malapena rilevati e raccontati tra i pochi conoscenti. L’Italia è piena di gente normale che quotidianamente fa opere piccole, ma straordinarie. Sottolineo piccole perché quasi sempre il bene lo fanno solo “i piccoli”. I grandi che dovrebbero e potrebbero per giustizia e per coscienza salvare e sostenere attività (come la mia) obbligate a “tirare avanti” solo perché il coraggio, la follia e l’amore per i disperati sono più importanti dei milioni di debiti, non hanno tempo né per questi piccoli gesti, né tantomeno per i “grandi”.
Don Antonio Mazzi