Purtroppo stanno diventando episodi di cronaca normale, misfatti che in altri tempi avrebbero creato un malessere che mai si sarebbe fermato alla pagina di un giornale, per dimenticarlo e banalizzarlo il giorno dopo.
Sarebbe troppo facile per me tornare sul tema dell'educazione, potrebbe sembrare una scorciatoia. Eppure non trovo altri motivi e soprattutto trovo dentro di me una sofferenza senza limiti. Perché i limiti non sono piccole correzioni o una punizione in più e una galera in più.
La nostra società è caduta troppo in basso e si è trascinata dietro le strutture della nostra Italia, fino a ieri sane e le sole capaci di far maturare uomini e donne del nostro tempo, senza venire umiliati da azioni tanto vergognose e idiote quanto macabre e barbare.
Sono la famiglia e la scuola i due piloni che sono saltati e non sanno più educare gli adolescenti a scegliere il divertimento più sano per loro, lasciandoli girovagare con "scacciacani a salve" che scaricano contro un migrante del Gambia che stava facendo un allenamento sportivo. Loro, i bullotti, hanno ripetuto: per divertimento.
Cito questo fatto, ma l'elenco si sta pesantemente allungando. Mentre scrivo, vedo che a Napoli, per gioco e per noia, quattro ragazzi hanno buttato e rinchiuso per alcune ore in un cassonetto un disabile. Aggiungo che questa mia riflessione è allarmata non solo perché le notizie di questo tipo si accavallano, ma perché penso che sono i ragazzi i cosiddetti normali a "divertirsi" con bestialità di questo tipo.
I quattro di Napoli hanno subito tenuto a dire che "loro non appartengono a nessuna baby-gang" e che "niente avevano a spartire con la camorra, perché loro erano figli di gente per bene e lavoratori in tutta regola".
Vige una ferocia a cuore spento, carica di sorrisi, battute infinite con telefonini puntati sui misfatti, contenti di portare a casa una foto degna di essere attaccata al muro. Perché, oltre la noia, stiamo ammazzando anche la dignità, la sensibilità, la capacità di vivere sereni tra diversi, non solo perché diversi, ma soprattutto perché fratelli dello stesso mondo, della stesa terra, e di una storia che non vuole trasformare le guerre in atti più indegni, più violenti e più perversi della peggiore delle guerre.
Don Antonio Mazzi