Dopo i brutti fatti accaduti a Torino, la sera dello scorso 22 febbraio, a causa del corteo antifascista contro Casa Pound, mi pongo una domanda che non si ferma all'auspicio, poco sindacale di Renzi, del licenziamento immediato dell'insegnante invasata e al racconto di uno dei tanti genitori presenti agli scontri violenti tra manifestanti e forze dell'ordine, durati più di un'ora, con petardi, bulloni, bombe carta, bottiglie e pietre.
Purtroppo sono fatti frequenti, penosi e selvaggi che servono solo a creare disagi e protagonismi negativi. La mia domanda parte certamente dalla pessima condotta tenuta dalla maestra di una classe di quinta elementare dell'Istituto comprensivo "Leonardo Da Vinci" che si trovava nella prima fila del corteo.
Le foto la presentavano incappucciata mentre urlava ai poliziotti: "Vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire. Un giorno potrei trovarmi, fucile in mano, a combattere contro di voi". Non vorrei che tale condotta, come spesso accade, la facesse diventare eroina e famosa, invece che violenta e diseducativa.
Torno alla domanda, che non vuole fermarsi a questo singolo episodio. Eccola: come è possibile che adulti "borderline", scatenati e fuori di senno arrivino a coprire ruoli educativi e formativi?
Non credo – e qui parlo seriamente e voglio che arrivi alle sedi centrali del ministero dell'Istruzione - che sia sufficiente avere in mano un diploma o essere nell'elenco dei precari. Per fare il docente, l'insegnante, la maestra, credo sia indispensabile possedere anche un minimo di equilibrio e di saggezza, in modo che i bambini, i ragazzi e gli adolescenti, non si trovino davanti adulti fuori di testa e più problematici di loro.
E poiché, girando per l'Italia e parlando nelle assemblee scolastiche sono accaduti anche a me fatti che mi limito a definire solo antipatici - perché vivendo dove vivo da quarant'anni so cosa dire e cosa fare quando mi trovo davanti a psicopatici o a quarantenni "malmaturi" - torno a chiedermi se, anche per la scuola, non sia utile, se non necessario, fare test selettivi e obbligare tutti ad almeno un semestre di prova, in quartieri particolari e con colleghi collaudati.
Don Antonio Mazzi