Nel breve, ma intenso, discorso di fine anno, il presidente Sergio Mattarella ha toccato problemi che dovrebbero entrare, più di altri anni, nella testa e nel cuore di noi cittadini italiani "in larga misura generosi e solidali".
In pochi minuti il capo dello Stato ha parlato della nuova pagina bianca aperta dalle elezioni, del centenario della vittoria nella Grande Guerra, del riaffacciarsi nella ricorsa alle armi nucleari e del timore che l'assenteismo e la demotivazione generalizzata indeboliscano e facciano dimenticare tutti i sacrifici subiti e tutti i privilegi goduti fino ad oggi.
Non so se i giovani hanno ascoltato e soprattutto se hanno intravisto dai gesti, ancor più misurati del solito, dal volto, dagli occhi del presidente la forte preoccupazione che anch'io ho intravisto.
Deve rinascere dentro le nostre coscienze l'esigenza di offrire, con il prossimo voto, l'occasione perché parole come: democrazia, diritti, politica e lavoro non si smarriscano e non si disperdano tra giochi di bassa lega che con la civiltà hanno poca affinità.
Il lungo, fortunato e per ora unico, periodo di pace per la prima volta ha permesso a tutti, e soprattutto ai giovani, di crescere armonicamente e senza subire conseguenze troppo dolorose e cariche di cicatrici sociali mai definitivamente cancellate, ma deve sconfiggere l'abulia che da tempo serpeggia maleficamente.
Conquistare quanto abbiamo conquistato non è accaduto a seguito di giochini e di affabulazioni di personaggi malati di potere e di protagonismi teatrali, ma a seguito di un lavorio certosino, fitto di relazioni, di fratture e di riconciliazioni, con l'intramontabile convinzione che ogni passo verso la democrazia rende l'Italia più pacifica e la convivenza più attiva e pronta a dare il suo piccolo, ma necessario contributo.
Lo sottolinea nell'appassionato messaggio, il presidente: "Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta".
Don Antonio Mazzi