LETTERA AL PRESIDENTE DELLA CEI, S.E. CARDINALE GUALTIERO BASSETTI.

24/08/2018

Credo sia arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti. Le 150 persone che sono nella Diciotto da giorni, non possiamo accontentarci di farle sopravvivere, tra gli stenti più dolorosi. Non possiamo più permettere che radio, televisioni e giornali riportino, con insolita e quasi interessata abbondanza, informazioni confuse tra aggettivi, dichiarazioni e minacce, estranee ad un popolo come il nostro che ha sempre posto l'accoglienza e la solidarietà tra le sue priorità sociali e politiche.
Nei tempi passati, alcuni di noi hanno rischiato il carcere di Peschiera, perché avevano invitato i giovani a scegliere il servizio civile invece che la leva militare.
Ci siamo trovati in compagnia di Cicciomessere e dei Radicali, perché molti cattolici "veri" non avevano apprezzato l'idea. Ho preso dal mio vescovo il titolo di "prete comunista". Poi, ha vinto la beatitudine dei "pacifici".
Oggi, un'altra bella disobbedienza civile, qualificherebbe la Chiesa di Francesco. Telefona a tutti i vescovi, sappi che noi ci siamo, e poi vai davanti alla barca e costituisciti. Poi, allarga le braccia e fatti "legare". Fai un fischio anche ai ragazzi della GMG di Roma. Mi rifiuto di pensare che l'Italia possa essere svenduta a questi politici, fino a ieri arruffapopoli ed oggi capi bastione, sepolti tra gente che ha confuso l'Africa, il dolore, la tirannia, la fame, lo spavento, quasi fossero giochi da cortile e chiacchiere da osteria.
Se l'uomo del bastone vuole il cambio, centocinquanta dei miei verrebbero volentieri a fare sulla nave le attività che farebbero in comunità, io compreso. Siccome, anche i miei non sono stati angeli, avrebbero tutte le qualità richieste per sostituire loro, che, sempre secondo il capobastone, sono delinquenti e terroristi.
Facciamo presto! Anche i ragazzi del Papa queste cose le capiscono e potrebbero essere i primi a farle.
È bello camminare per il mondo, ma in questo caso, il mondo non cammina, ma muore, con noi che lo guardiamo.


Don Antonio Mazzi