La mobilitazione invocata sul numero 47 di Famiglia Cristiana da Franco Gabrielli, capo della Polizia, a proposito del dramma delle “droghe” deve essere presa molto più sul serio di altre volte. Pare che il fenomeno ci sia sfuggito di mano, anche perché sottovalutato.
Leggere i numeri di overdosi, suicidi, processioni penose in parchi e scuole, abbinati a violenze mai così numerose, bestiali, extra ed intrafamiliari, deve obbligarci a fare quei passi che, teoricamente e con troppa facilità, ci proponiamo da sempre di fare senza mai tradurli in azione.
All’emergenza vorrei aggiungere la moltiplicazione delle tonnellate che ci arrivano sotto casa di sostanze di ogni tipo, con utenti sempre più giovani, più italiani che stranieri. Per me ogni volta è una sofferenza infinita andare nelle scuole, nei teatri, proporre progetti e avventure sportive e impegnative perché, un’ora dopo, tutto è passato. Dimenticato. Viviamo di tanta buona volontà!
Le forze pubbliche sono spesso lasciate sole, scavalcate e purtroppo tutto si riduce alle retate. Leggiamo che la rotta balcanica con le sue diverse discriminazioni attraverso Iran e Turchia continua ad essere la principale direttrice mondiale di traffico di oppiacei. Leggiamo di sequestri di droghe sintetiche, farmaci dopanti tutto questo non solo ci spaventa ma aggiunge sconfitta a sconfitta e conferma la nostra impotenza.
Sperando che il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza trovi strumenti più efficaci e coordinati internazionalmente, non possiamo lasciare soltanto alla repressione, all’aumento delle galere, come qualche illuminato personaggio politico sogna, l’incombenza di intervenire. Politica, famiglie, insegnanti, parrocchie, associazioni, volontariato devono riprendere a coordinarsi meglio e passare dalla buona volontà ai fatti, dando priorità assoluta alla situazione.
I nuovi modelli di prevenzione partono dalla gestione diversa delle periferie, da una formazione più efficace del corpo docente, dalla organizzazione dei centri sportivi, artistici, musicali e da un confronto permanente con coloro che questo mestiere lo hanno sempre fatto, a costo della vita, e talvolta senza il minimo aiuto economico, ma che da sempre sono sul pezzo.
E che tanto più lo sono adesso.
Don Antonio Mazzi