SIATE PASTORI PER CHI NON CREDE

03/11/2018

Seminaristi, amici carissimi,
sono l’ultimo dei preti, forse addirittura prete così così, che da tempo vive tra la gente perché la Provvidenza mi ha preparato negli anni Ottanta il Parco Lambro e il terrorismo ambrosiano. Non sono certamente un fabbricatore di cerimonie e un gestore di sacrestie.
E quando papa Francesco parla, come sa parlare lui che in due frasi sistema mezzo mondo, non so se mi godo per l’egoismo che ancora tengo dentro o perchè l’ora è giunta: “A me piace dire che voi dovete essere preti del popolo di Dio, cioè che non prediligono il clericalismo. Perché, lo sapete bene, Cristo bastonava forte il clericalismo al suo tempo”. È una delle frasi che vi ha detto Papa Francesco durante l’incontro con i seminaristi lombardi.
Io non sono mai stato seminarista perché il Padre Eterno mi ha preso per gli orecchi tardi. Ma fare i pastori, oggi, è l’unica cosa che possiamo fare. La società ha bisogno profondo di Dio, di un Dio povero, vero, autentico.
Non meravigliatevi se vi dico che i giovani di oggi sentono il bisogno di questo Dio più dei giovani del mio tempo. Nel Veneto eravamo cattolici osservanti e assidui frequentatori della Messa domenicale ma era più la tradizione e l’abitudine che la fedeltà evangelica a portarci in parrocchia. I giovani che hanno camminato da Perugia ad Assisi, sono carichi dentro. Hanno un fuoco difficile da definire e da interpretare, ma ce l’hanno. Forse vengono meno in oratorio e in chiesa, ma preti giovani come voi fanno centro.
Scrive il teologo brasiliano Rubem Alves: “Siamo migranti, senza riposo, senza sosta, sempre in cammino. Non c’è luogo dove posare il capo. Esiliati, costruiamo i nostri nidi sugli alberi del futuro”.
Ci sono alcuni versi di David Maria Turoldo che, ogni volta che li leggo, mi commuovono. Li aveva scritti nel 1947 davanti all’”immobile” lago Maggiore: “Ma quando facevo il pastore allora ero certo del tuo Natale. I tronchi degli alberi parevano creature piene di ferite; mia madre era parente della Vergine, tutta in faccende, finalmente serena. Io portavo le pecore fino al sagrato e sapevo d’essere uomo vero del tuo regale presepio”.
Collegando gli inviti del Papa e le riflessioni di Turoldo, vi auguro che l’ideale della vostra vocazione sia quello di testimoniare sia per i fratelli che non credono sia per i fratelli che si sono persi tra le illusioni di un mondo disorientato. Perché il nostro è un Dio che, prima o poi, ci rimette sulle spalle tutti e porta a casa pecore e pastori. Buon lavoro!


Don Antonio Mazzi