Caro Direttore,
in questi giorni con la scusa dell'apertura della scuola discutiamo insieme dei nostri figli. Voglio però che cadano i muri della scuola ministeriale. Benedetta Tobagi ha ragione dicendo che "il mondo lo salveranno ancora i ragazzini! Però oggi i piccoli sentono e patiscono il pessimismo che li circonda".
Diversamente dagli altri anni sono usciti in questi giorni appelli e messaggi di gente illuminata che hanno messo al centro il problema della scuola. Voglio partire da una angolatura diversa. Diversa anche dalla mia solita.
Oltre a Alessandro D'Avenia e Benedetta Tobagi che riporta i seminari di Mce, oltre all'invito spedito da alcuni docenti al Presidente della Repubblica, senza trascurare Massimo Cacciari e i suoi cofirmatari, vorrei uscire dalle righe della serietà pedagogico scientifica e lasciarmi incantare, per pochi minuti, da alcune pillole bioecologiche e quasi filosofiche.
Gli ultimi pesanti insuccessi rieducativi che nelle nostre realtà di Exodus andiamo riscontrando, ci obbligano a ripensare, in modo radicalmente nuovo e contromano, tutto quello che ho e abbiamo appreso dall'università e dalla vita che negli ultimi cinquant'anni, ricadeva attorno al tema "educazione".
Dobbiamo avere il coraggio di pensare che oltre a Baden Powell, don Bosco, Fromm, Freud, Recalcati, Dolto e via andando, esistano sentieri seminascosti, teorie non teorie, parole mai dette che ci possano liberare dai dogmi pedagogici, dalle formule magiche, dai postulati che ci lasciano perdenti nonostante anni e anni di fatiche, lavori, sbagli, tragedie, seminari, forum, davanti al Pierino di tre anni che mi dice: "Cosa sto qui a fare, se mi mandi già a scuola a fare quello che non voglio, che non mi piace, in mezzo a persone antipatiche e piene di 'verità'?".
Parlo di tre anni! Di un figlio di una normalissima famiglia di amici che hanno già un secondo figlio di sette anni e che ogni mattina devono inventare le cose più stupide per mandarlo a scuola.
È mai possibile che la scuola nasca maledetta, già sbagliata, con gli ingranaggi ingrippati che mai la trasporteranno allegramente carica di ragazzi tra i nuovi sentieri del mondo che domani dovrebbe essere loro?
Quando parliamo di scuola più impegnativa, più seria e più allineata ai tempi, diciamo giustamente quello che dice Cacciari e leggiamo attentamente i sette temi che il gruppo di insegnanti ha spedito al Presidente e, se me lo permettete, alla battaglia che da tempo sto facendo perché la quasi secolare scuola media inferiore venga smontata dalle radici per poi rimetterla sulle rotaie dei Frecciarossa e non dimenticata tra i vagoni dei treni merci di venerata memoria.
Ma tutte queste belle ipotesi dimenticano le radici che faranno l'uomo di domani. La nostra civilizzazione ha trovato le parole per definire i colori delle foglie e dei frutti, ma non ha trovato i luoghi per interpretare la profondità delle sue radici. La scuola questo deve trovare e lo troverà quando riempirà l'anima dei giovani con sinfonie ricche di adagi, di rondò e di inni alla gioia.
Don Antonio Mazzi – Corriere della Sera