Jean Willot, maestro francese, di 57 anni, che insegnava in una scuola elementare di Flammarion di Eaubonne, a nord-ovest di Parigi si è impiccato. Non ha retto alla denuncia da parte di una mamma a seguito di un episodio avvenuto a scuola. L’insegnante, dopo aver redarguito inutilmente un bambino di sei anni che sedeva sui gradini di una scala impedendo il passaggio ai compagni, lo ha preso per un braccio per indurlo a spostarsi. La manovra ha provocato incidentalmente un lieve graffio all’alunno. Niente di grave, ma la mamma ha denunciato per «maltrattamenti aggravati». Una denuncia che ha fatto scaturire la tragedia.
Da tempo nelle scuole francesi, ma non solo francesi, accadono vicende simili: gli insegnanti esposti ad accuse anche pretestuose non si sentono difesi dalle istituzioni e scendono in piazza. In questo contesto, su cui si deve riflettere, è maturata la tragedia di Jean Willot. I commenti possono essere diversi. Lascio in pace il bambino di sei anni sperando che a casa qualcuno abbia pensato a farlo riflettere. Mi soffermo invece sulla fragilità degli adulti. Non è possibile che noi adulti non conosciamo il mondo nel quale viviamo. Ieri erano la povertà e la fatica fisica a determinare la nostra frustrazione, oggi sono la fatica psichica, la fragilità emotiva, la mancanza di pazienza e di dialogo a metterci in crisi nei nostri ruoli. Dobbiamo metterci in discussione, ripensare il nostro modo di fare gli adulti, cercare modi migliori, anche per evitare incomprensioni destinate a degenerare.
Vivo da sempre in situazioni complesse, da sempre faccio fatica a far comprendere le mie ragioni a ragazzi, genitori, docenti, parenti. Però ho imparato che la costanza, la pazienza, il dialogo, portano sempre qualche risultato. Mentre l’esasperazione del conflitto è inutile e dannosa.
Una vita tra i ragazzi difficili mi fa dire che quelli di oggi non sono più cattivi di quelli di ieri: esigono, è vero, metodi e attenzioni diverse, ma hanno soprattutto bisogno di trovare negli adulti serietà e serenità. Non vorrei dar l’idea di giudicare, vorrei soltanto che la mia esperienza di frontiera possa servire ad altri e a prevenire azioni che aggravano i problemi e disorientano i ragazzi.
Don Antonio Mazzi