Anche a me è capitato di prendere l’aereo che parte da Adis Abeba per raggiungere l’Angola o il Madagascar e spesso lo prendono anche i miei educatori perché, oltre a lottare qui in Italia per prevenire o recuperare i disagi giovanili, andiamo anche in Africa e in altre parti del mondo dove i poveri, talvolta, sono migliori di noi. E non è detto che noi, volontari, andiamo sempre a portare; a volte andiamo a scoprire, a capire, a ricevere.
Quando accadrà che non saranno solo sette/otto le persone che partono per l’Africa ma saremo tutti un po’ africani, un po’ europei e un po’ più cristiani? Il vangelo non parla del colore della pelle, ma dei colori dell’anima e del pane “spezzato” che rende fratelli e non “immigrati”.
Perché siamo ancora “al pezzo di pane”, al lavoro nero, alle scuole frequentate dai nostri figli, e alle baracche per la gente che viene a sfruttare le nostre risorse? Siamo più civili noi, cosiddetti occidentali democratici e socialmente evoluti, o sono più civili i cosiddetti bambini barbari che, per ringraziarti della maglietta che hai regalato, si piegano per allacciarti le scarpe?
È proprio vero che l’Africa è nera e l’Europa è bianca? È migliore una pagina di quaderno bianca perché vuota o un foglio sporco perché scarabocchiato da un bambino nel tentativo di scrivere la parola “solidarietà”?
E se la parola solidarietà sporca il quartiere, è proprio vero che la parola “civiltà” riempie i parchi di festa e di pomeriggi familiari? La tragica notizia della morte degli otto volontari cosa lascerà dentro di noi?
La ridurremo a semplice notizia o riuscirà a risvegliare quel pezzo di coscienza che, da tempo, abbiamo accantonato?
Don Antonio Mazzi