Come accade una volta all’anno anche quest’anno, dal 26 al 29 settembre, ho radunato a Milano – nella sede storica nel Parco Lambro - tutti i miei ragazzi “dispersi” nelle varie realtà nazionali e internazionali. L’incontro l’ho chiamato “Capitolo”. Facciamo quattro giorni insieme (più o meno 500 persone ragazzi, operatori, volontari e amici), ci raccontiamo come è andato l’anno passato e ci diamo le linee educative per l’anno venturo. Nuove tipologie di sostanze che hanno intasato il mercato e attirano i nuovi “assuntori” ci hanno indotto a ricedere le modalità di intervento. Stiamo accogliendo, per prevenire, ragazzi sempre più giovani, sperando di arrivare prima, rielaborando attività fisicamente impegnative. Dopo molte riflessioni, abbiamo rieditato le “carovane” con sfumature nuove e mirate ai nuovi problemi. Prevediamo carovane ben preparate, programmate, impegnative, numericamente piccole, ma chilometricamente molto lunghe (3/5 mesi). Per noi il cammino è da sempre “strategia” privilegiata. Siamo partiti con la Carovana Exodus nel 1984 con tredici disperati del Parco Lambro, e per nove mesi abbiamo attraversato città, mari, monti, grotte, conventi e piazze, dormendo fuori e facendo le attività più varie: teatro, pulizia di boschi, animazione con i disabili, assistenza nelle “case per anziani”. La sera tardi, dovunque si trovassero, facevano la “parola”. Si raccontavano tutto quello che era successo nel bene e nel male. Era lo spazio più dolce e più vero. Inimmaginabile che potessero accadere cose quasi mistiche tra “tossiconi” che fino ad un mese prima erano capaci solo di bestemmiare, vendette e “pere”. Di maledette pere! Con gli assuntori di nuove e impensate porcherie, molto più giovani dei “tossiconi” di allora, abbiamo capito che il cammini è ancora l’attività più accettata e più produttiva. Le mete di quest’anno saranno Gerusalemme, Compostela e percorsi di montagna con sport “rocciosi”. Per camminare bastano due gambe, molto impegno, il gusto della fatica, un po’ di etica e di disciplina. Thoreau scriveva: “Non si può ammazzare il tempo, senza ferire l’eternità”. Non si cammina per ammazzare il tempo, ma per accoglierlo e spogliarlo passo per passo, secondo per secondo, petalo per petalo. Camminare vuol dire vivere una esistenza riportata a nudo, liberata dalla zavorra dagli stratagemmi sociali, purgata dal futile e delle maschere. Camminiamo, speriamo, cantiamo… con lo zaino in spalla!
don Antonio Mazzi