LA DROGA DILAGA COME NEGLI ANNI ’70: COMBATTIAMOLA INSIEME

01/11/2019

Siamo partiti settimane fa dal Parco di Rogoredo a Milano e dall’enorme facilità con la quale i mercanti di morte in poche ore possono organizzare e spostare i luoghi dello spaccio, tornati strapieni di clienti di ogni tipo e sempre più giovani, per arrivare in questi giorni fino a Porta Palazzo, in pieno centro a Torino, piazza che al mattino ospita il più grande e noto mercato all’aperto d’Europa, e verso sera, quasi sotto gli occhi di Maria Ausiliatrice e, lasciatemi fare un accenno, dello stesso don Bosco, una popolazione disperata e povera si ammassa per consumare e consumarsi, quasi gratuitamente, tra infinite qualità di sostanze. Non voglio essere pessimista e nemmeno un portatore di disgrazie, ma è troppo facile tornare agli anni Settanta-Ottanta e quindi domandarci dove sono andati a finire il nostro lavoro, la nostra fatica, i pianti nostri e dei genitori e le morti innumerevoli dei ragazzi stessi. Mio Dio quanti funerali!
Dicono a Torino quello che purtroppo diciamo a Milano e a Napoli con la vendita che si organizza via Telegram e WhatsApp come allo zen di Palermo. Il fenomeno non solo è tornato, ma ci sta rubando adolescenti sempre più fragili e vulnerabili. L’altra sera a cena parlavo con i miei ragazzi in cascina nel Parco Lambro e ascoltavo sempre più desolato i loro racconti. Mentre in passato dentro di me vinceva la rabbia e la mia nota aggressività verso questo assurdo fenomeno, oggi sono la tristezza e il dolore che mi colgono e mi annientano.
Manchiamo di nuove strategie, perché è vero che i luoghi della morte sono nuovamente le periferie e che i costi “della merce” sono bassissimi, ma siamo noi, i grandi, che ci accontentiamo di sparare statistiche e non vogliamo capire che non c’è alternativa: o lavoriamo tutti per educare oppure anche i luoghi della gioia come i parchi e le piazze, fino a ieri pieni dei nostri bambini in carrozzina e di mamme che se la chiacchierano sulle panchine, si trasformeranno in luoghi di “desolazione”. Non bastano più le comunità di ieri, perché il fenomeno è così diffuso che solo, la scuola, la famiglia, gli oratori, e perfino i bar, devono prendere coscienza che arriveremo solo se tutti faremo rete. Facciamo presto perché la rete che uccide è già in piena attività.

don Antonio Mazzi