Siamo travolti ogni giorno da notizie di crisi. Crisi di ogni genere ci vengono buttate addosso attraverso i social o tutti i mezzi di informazione. Crisi che riguardano la politica, nazionale o internazionale, le trasformazioni sociali, gli interrogativi etici, il presente, la sostenibilità economica, il futuro… Questo bombardamento continuo di notizie ha fatto si che ormai tutti noi siamo abituati ad attribuire un significato negativo all’idea di crisi. Ben pochi sono però quelli che si interessano seriamente della crisi più importante al mondo. Quella che riguarda i ragazzi e le ragazze che crescono. La crisi della adolescenza. Di per sé fisiologica e positiva nella sua complessità, ma che finisce per essere drammatica quando la si dimentica.
Prendiamo per esempio la famiglia, oppure un quartiere, un paese o i paesi di una vallata alpina o di un’isola o di una provincia, oppure i giovani di una nazione: se in un ambente piccolo o gande che sia, si trascura il tema dei ragazzi che crescono, le loro caratteristiche ed esigenze, le loro aspettative i loro sogni, le loro difficoltà beh siamo sicuri che finirà male. Quando diventeranno grandi questi ragazzi che abbiamo “dimenticato”, nella migliore delle ipotesi saranno insoddisfatti o abulici, oppure distruggeranno se stessi o le persone intorno a loro.
Tutti dovrebbero avere a cuore queste crisi, specialmente coloro che possono incidere, positivamente o negativamente, sul loro esito. Eppure non sono in tantissimi a farlo. E più si va in alto in termini di responsabilità collettiva, meno si incontrano persone appassionate all’argomento. Su questo tema è molto più facile trovare famiglie impegnate positivamente piuttosto che politici.
Su questo piano il quadro che ci si presenta davanti agli occhi è molto molto preoccupante, desolante e tragico nello stesso tempo: l’attenzione che si riserva ai giovani va ben poco oltre il puro interesse commerciale o elettorale. Come esempio basta vedere in quali condizioni versa in Italia il Dipartimento Nazionale per la Gioventù.
Poi, ogni tanto, scoppiano delle specie di bombe di notizie, su giornali e su ogni supporto in grado di trasmettere informazioni. Ragazzi che sfidano la morte con gesti estremi, adolescenti sempre più giovani che si perdono ancora nell’eroina, scene di violenza e di bullismo nelle scuole, ragazzi che uccidono… E allora, per qualche giorno si parla di loro. Del “problema” dei ragazzi. E tornano parole già ripetute tante volte, si organizzano tavole rotonde e quadrate sul bullismo e sul cyberbullismo, si appronta una audizione in commissione al Comune o in Parlamento, si mette in cantiere una task force, si promettono fondi per il contrasto alla dispersione scolastica o per l’allestimento di un centro giovanile, si dibatte sulle ragioni e sui torti dei ragazzi, sulle colpe delle famiglie e sulla assenza di proposte. Ma tutta questa messa in scena finisce presto e si torna brevemente alla normalità dove si fatica a trovare qualche istituzione seria disponibile ad ascoltare e ad impegnarsi sui tempi lunghi.
L’adolescenza è una crisi straordinaria nella sua ordinarietà. Promettiamo di non ricordarcelo solo in occasione della Giornata Mondiale della Educazione.
di FRANCO TAVERNA