Ci stiamo meravigliando perché qualche giorno fa una coppietta di adolescenti, si è fumata una roba, elaborata faticosamente dentro la carta stagnola. La “roba” era eroina e se la sono fumata in un vagone del metrò, strapieno di gente. Non vorrei soffermarmi sulla bravata (accettate la parola non appropriata) e nemmeno sullo sconcerto creato dal fatto. Se non siamo ciechi viviamo tra la gente, non solo dei quartieri, ma anche dei marciapiedi o delle piazzette, queste cose le vediamo quotidianamente, senza bisogno di tornare al luogo, che pare diventato di moda, il Parco Rogoredo a Milano.
Vorrei domandarmi perché tra la folla nessuno abbia trovato il modo, educato ma efficace, di intervenire. Tutto è passato sottotraccia, offrendo agli affamati di drammi la possibilità di riempire le pagine dei giornali e lo spazio dei Tg. Non mi do pace pensando che in un vagone strapieno la gente normale o sia diventata talmente ignorante e ingenua da liquidare l’episodio con un sorrisino, oppure così menefreghista da accettare che, anche in un metrò strapieno, nel quale tra l’altro non si dovrebbe fumare, ognuno possa fare gli affari suoi, in barba all’educazione, all’obbedienza alle regole sociali e insensibile al problema che diventa tragico solo mentre siamo con le gambe sotto il tavolo, con la televisione che sistematicamente ci aggiorna e ci deprime.
La bravata dei due è nauseante, e testimonia quanto sia esteso e devastante il fenomeno eroina e, cosa più sconcertante, perché siano ragazzi giovanissimi a farsi, nel modo classico, cioè tornando alla siringa. Sono stato tra i primi a fare un giro a Rogoredo. Ho incontrato un quattordicenne e in pochi minuti mi ha fatto intuire che dopo quarant’anni di vita tra persone con problemi di tossicodipendenza, il suo gesto partiva da motivi totalmente diversi, azzerando l’intera mia idea e l’intera mia fatica rieducativa: “Le nuove droghe sono borghesi” ha detto, “manca l’emozione, il momento topico, drammatico, proletario. Vado e mi faccio la mia bella pera. Tu vai a raccontare le tue c…te”. Mi fermo qui e non mi vergogno a dirvi che mi sono messo le mani in tasca perché tremavo. Invece quelli del metrò, hanno continuato a chiacchierare degli affari loro.
Don Antonio Mazzi