Il gesto del dodicenne di Bari andrebbe piazzato in prima pagina con un titolo a sette colonne. Invece, lo leggi quasi per caso tra le cento notizie, più o meno disgustose di qualunque quotidiano. “Tienilo tu, papà, tienilo nel tuo zainetto, non ne posso più, te lo restituisco voglio disintossicarmi. Sento il bisogno di tornare libero” – andrebbe detto. E poi: “Posso stare senza cellulare anche per un anno intero”. Immagino le smorfie dei bulletti della combriccola. Eppure, dobbiamo avere il coraggio di credere che questi casi non siano così rari. Sapere che accadono più tra i giovani che tra gli adulti. I genitori, infatti, hanno fatto di necessità virtù, hanno tanti pensieri per la testa da non riuscire a staccarsi dal telefono neppure sulle strisce pedonali. C’è anche chi imputa la dipendenza dagli smartphone al carattere o alla personalità: non vorrei che questa scusa si usasse anche per il o per chi fuma spinelli. Sono felice per il ragazzo di Bari, lo sarei ancora di più se avessi visto il papà scartare il pacchetto regalato da suo figlio e messo nello zainetto. E aspetto il giorno in cui anche il telefonino non sarà più una schiavitù, ma lo si userà con saggezza, diventando finalmente solo uno strumento utile che la tecnologia ci ha messo a disposizione.
di don Antonio Mazzi