RISCOPRIAMO IL VALORE DELLE PAROLE VERE

04/04/2020


L’attuale situazione corre sul filo delle assurdità, perché ci obbliga a dire e pensare cose che fino a ieri realizzavamo in modo radicalmente diverso, quasi opposto. Mi spiego. Non passa minuto che in un modo o nell’altro non sentiamo ripetere la frase “restate a casa”. Però fino a ieri casa significava dolcezza, abbracci, atti d’amore, baruffe quasi simpatiche, ammucchiate allegre di padri, madri, figli e nonni compresi, su divani strapazzati.

Oggi, subito dopo l’invito per restare a casa tutti, per non rischiare la morte, c’è l’aggiunta paradossale. Dovete restare a casa, a debita distanza l’uno dall’altro, senza abbracci, senza nemmeno darsi la mano, anzi lavandosela prima e dopo ogni cosa che tocchiamo (“non si sa mai!”) dalla spesa, ai giornali, agli oggetti, i più svariati che da una vita sono lì con noi, che quasi la sanno più lunga di noi. Qualcuno in casa deve, addirittura, non solo stare a debita distanza, ma a causa del contagio, rinchiudersi in camera, facendosi lasciare la cena davanti alla porta.

Fino a ieri, una cosa simile poteva accadere in galera, in prigionia. Ora ci accade in casa nostra, da cui non possiamo uscire, salvo in pochissimi casi, perché anche chi sta fuori dalla mia casa può diventare un potenziale pericolo.

Come trasformare questa emergenza in occasione educativa? Come stare insieme con le persone che amiamo 24 ore su 24 senza dimostrare il nostro affetto, senza toccarle, rischiando che un tempo così lungo e così “freddo” non si possa trasformare in stanchezza psicologica con tutti i rischi che ne conseguono? Deve entrare la fantasia, la creatività, la poesia, la voglia di trasformare le pareti in lavagne, i pavimenti in micro-campi di gioco, le sceneggiate carnevalesche in trattenimenti intrafamigliari, qualche canto dantesco trasformarlo in musical, la gara culinaria in un premio gastronomico.

Ma, forse, la cosa più delicata e importante che dobbiamo riscoprire sono le parole vere, quelle che avevamo dimenticato preoccupati di ripetere le parole economiche, politiche televisive, informatiche, telefoniche, questo tempo diventerà tempo di semina, tempo di relazioni interiori profonde, tempo di sguardi, di silenzi, di pause sinfoniche. Insomma: facciamo in modo che dove mancano gli abbracci, ritornino i ricordi, i sogni e le parole incarnate.

Don Antonio Mazzi