Ad inizio agosto la Casa di Cristiano di Jesi (AN) ha ospitato gli scout del clan Sirio, provenienti da Trento: quattordici ragazzi e ragazze dai 18 ai 20 anni accompagnati da due loro capi. Per la comunità si è trattato di una sfida accolta con un po’ di preoccupazione ma anche con curiosità. Non è cosa semplice gestire trenta ragazzi e all’inizio c’è stato un po’ di imbarazzo, ciascuno scrutava l’altro per capire chi fosse ma il pranzo insieme ha dato la possibilità a tutti di sciogliersi e conoscersi un po’.
Cinque giorni intensi, con i ritmi soliti in parte scombussolati, con ciascuno ragazzo che si è messo in gioco in base alle proprie possibilità e limiti, con rispetto e disponibilità nel conoscere e nel farsi conoscere. Molti i punti in comune tra la filosofia scout e quella di Exodus, come ad esempio i momenti di “deserto” e di “parola”.
Durante questi giorni i ragazzi della comunità si sono sperimentati e confrontati con dei coetanei (o quasi) che stanno vivendo in modo completamente diverso dal loro. Molti lo hanno sottolineato e alcuni si sono interrogati se mai saranno in grado di condurre uno stile di vita sano e di divertirsi senza l’uso di sostanze. Qualcuno li guardava con ammirazione perché non è possibile tornare ai propri vent’anni e bisogna fare i conti con se stessi e con le conseguenze delle proprie azioni.
Durante un momento di confronto con il gruppo scout si è riflettuto sui pregiudizi che si hanno nei confronti di coloro che hanno avuto problemi di dipendenza, di come immaginavano i ragazzi e come qualsiasi idea si fossero fatti è stata smontata una volta che li hanno conosciuti. Le chiacchierate hanno fatto emergere differenze di valori e morale ma, nonostante ciò, c’è stata la volontà di continuare a confrontarsi per testimoniare la possibilità di una vita diversa.
Alcuni scout hanno riportato l’esigenza di comunicare all’esterno quest’esperienza e su come farlo; i ragazzi di Exodus hanno sottolineato l’importanza di raccontare quanto vissuto in questi giorni per far capire che sono persone con una storia difficile a cui è offerta la possibilità di cambiare.
Quest’esperienza è sicuramente servita a tutti ma, in particolare, a noi educatori per ritrovare un po’ di quell’“ingenuità consapevole” che dà la forza per testimoniare, sostenere, farsi compagni di strada di chiunque entra a far parte della nostra Casa.
Fondazione Exodus Jesi