NON BANALIZZIAMO SE I NOSTRI FIGLI SFIDANO IL PERICOLO DEL CONTAGIO

25/04/2020


Come è possibile commentare questo episodio normale, ma contemporaneamente carico di conseguenze drammaticamente mortali? Sono troppe le domande che mi saltano in testa, con il rischio di non essere capito, oppure di essere interpretato come portatore di malaugurio o come il solito pessimista di medioevale cultura. Comunque permettetemi almeno di dire che non è possibile banalizzare la situazione accaduta a Lodi, sia per noi educatori, per i genitori e per tutta la gente cosiddetta normale.

Partiamo dalla cronaca: sei ragazzi sono andati a festeggiare il compleanno di un loro amico il pomeriggio di Pasqua. Il fatto scritto così non dice niente, senonché due piccole annotazioni stravolgono tutto. La prima: la normativa proibisce, causa la situazione che tutti conosciamo, qualsiasi aggregazione, piccola o grande. La seconda, e qui mi spavento fino a proibirmi di capire, l’amico dal quale andavano a festeggiare il compleanno, era un portatore di Coronavirus. Che era positivo lo sapeva sia lui, che i suoi amici. Letta la storia non è possibile pensare che i sei fossero deficienti. Non è nemmeno possibile pensare, almeno per me, che fossero così fuori di testa, da “fottersene” (scusate il verbo, ma è quello giusto) totalmente della situazione.

Se escludo queste due ipotesi estreme, me ne rimane una, che subito, sembra la meno pesante, ma che poi diventa la più preoccupante. La sintetizzo così: i nostri ragazzi non danno il peso sociale adeguato alle regole, ai limiti, alle conseguenze che la non applicazione di tali regole, potrebbero derivarne. A me interessa fino ad un certo punto che le multe, le prediche della pattuglia, delle forze dell’ordine e che le autorità sanitarie, siano intervenute per le loro competenze, ma il mio spavento agghiacciante sta tutto qui: perché la voglia di infrangere le regole, può arrivare fino a giocarsi la vita, ben sapendo le conseguenze del virus? Altre volte difronte a situazioni diverse, ma non meno drammatiche, mi sono domandato perché il rischio della morte sia diventato per molti adolescenti, se non un gioco almeno una sfida alle norme.

E qui mi fermo. Forse sarei ingiusto secondo alcuni e sarei ingenuo e stupido secondo altri. Lascio a voi il quesito perché la risposta vorrei che si trasformasse in progetto educativo.

Don Antonio Mazzi