L'estate in Exodus è tempo di carovane, cammini, viaggi , campus per adolescenti e giovani e la casa di Assisi, anche quest'anno, ha accolto molti giovani condividendo con loro spazi e avventure.
L'intuizione che ha guidato l'apertura dell'Eremo di Porziano – cioè che era arrivato il tempo di sollevare quella separazione tra disagio e normalità, tra chi è dentro e chi è fuori, chi sta male e chi sta bene - è diventata sempre più vera e la nostra casa è, oggi più che mai, luogo dove vivere esperienze educative senza distinzioni, dove la stessa proposta e lo stesso spazio sono offerti alle comunità ma anche agli oratori, alle associazioni, ai gruppi di famiglie, agli scout.
Così anche questa estate è stato tutto un arrivare e un partire, un camminare quotidiano su e giù per le vie di Assisi con le sue bellezze e i suoi stimoli alla riflessione, il tempo della paura e delle lacrime, della gioia e del gioco, il tempo del lavoro e della manutenzione, dentro e fuori di noi.
Una parola che oggi si usa molto è "comunità educativa", la si legge un po' dovunque quasi fosse una formula magica. Più è grande sui territori, più è garante della validità di un progetto. Questo non sempre è vero, ma contiene una grande verità. Abbiamo sperimentato come sia possibile aprire una porta e scoprire quanto c'è da condividere, anche se - solo per qualche giorno - ci si prende cura insieme di ragazzi che semplicemente transitano e che probabilmente non rivedremo. Ma la somma dei giorni restituisce la somma dei nomi, delle storie ascoltate e condivise e la casa di Assisi si è trasformata in un crocevia dove poter sperimentare per un momento la bellezza di essere comunità.
Una cosa che stupisce sempre è che l'intuizione iniziale probabilmente era vera. Non importa se in casa ci sono ragazzi di una comunità terapeutica, o adolescenti di un oratorio. Il linguaggio e il silenzio interpretano le fragilità e i sogni che fanno grandi le persone, che le pongono in ricerca, non importa da dove esse provengano. La casa è diventata così La casa dei racconti.
Poi ci sono le ripartenze, i furgoni caricati, gli abbracci e l'ultima foto di gruppo. Molte cose rimangono: le pagine scritte attaccate ai muri, i racconti di vita, l'eco dei canti, degli sguardi e degli abbracci, un bagaglio necessario per riprendere insieme la nuova avventura di un anno scolastico in cui ci sarà chiesto un nuovo prenderci cura di adolescenti e giovani per vivere con loro l'arte dell'avvicinamento.
Scrive Alessandro D'Avenia: "Se ti avvicini puoi scorgere sui loro volti i segni della solitudine e della paura: la spavalderia, le provocazioni, i silenzi, le maschere di questa età tradiscono il desiderio di avere un nome, di abitare la vita. Non sono forse i segni della tua stessa ricerca? Un pensiero ti conforta: tu sai che sono la cultura e le buone relazioni le risposte a questa ferita, alla fragilità dell'io rispetto alla pienezza a cui aspira".
di Fondazione Exodus Assisi