“La scuola italiana deve capire che i nostri ragazzi sono fatti di testa, cuore e corpo: guai a non curare lo sviluppo di una sola di questa componenti”. Mai banale don Antonio Mazzi, paladino di Exodus, innamorato dei giovani. Un sentimento ricambiato dalle centinaia di studenti del polo scolastico di Castrolibero che spalancano le braccia all’arrivo del sacerdote degli ultimi. Stanco ma granitico. E sorridente. Un sorriso contagioso che non rende meno perentori i messaggi lanciati alla presenza delle istituzioni.
L’entusiasmo sprigionato dagli studenti è ossigeno puro per l’educatore d’eccezione: “Preferisco di gran lunga il rumore assordante prodotto da questi giovani che il silenzio delle classi”, afferma visibilmente emozionato don Mazzi, prima di visitare i laboratori di sport, arte, musica, teatro, cultura e solidarietà (nonché la pista di atletica nuova di zecca) allestiti nel polo scolastico e che sono stati avviati da tempo.
Ma i protagonisti della giornata sono i depositari del futuro. Ognuno di loro, nel proprio piccolo, ha una storia da raccontare e condividere. Luca Bosco lancia un messaggio forte e chiaro: “Non c’è bisogno delle dipendenze per divertirsi e trasmettere qualcosa. La vita è bella anche se non c’è un perché specifico alla base”. Valentina Parise è una gran sfegatata delle anti-dipendenze: “Ogni ragazzo ha un buon motivo per cadere in errore, magari perché si sente debole, ma noi giovani non dobbiamo commiserarci, e guardare oltre”. Agostino Sammarra individua la strada giusta: “Ci sono alternative alle dipendenze nocive: lo sport, ad esempio, è una dipendenza positiva. Ci mantiene in salute, scarica dalle tensioni e forma l’autostima”.
Eleonora De Luca è sulla stessa linea d’onda del compagno d’istituto: “La vita è gioia, ma solo se puoi condividerla e aiutare gli altri, non solo a parole, ma concretamente. Attraverso lo sport si fa morire una cattiva abitudine e se ne fa nascere una buona”. Martina Pellegrino e Valeria Giuliano hanno le idee chiare: “Le dipendenze, per chi ne soffre, fanno stare ‘bene’. Ecco una soluzione è trovare un’alternativa che possa parimenti appagare la persona in questione”. Fatima Minnicelli ama il volontariato: “Aiuta a crescere. Le agenzie educative, inoltre, hanno il dovere di ascoltare a fondo i ragazzi, senza pregiudizi”.
Cleys Pellegrino, infine, ha una dipendenza chiamata musica: “Quando suono il piano mi trasferisco in un altro mondo: siamo solo io e lei, la musica appunto. Mi lascio trasportare da brezze che non fanno parte del nostro pianeta. Emoziona tutti, anche se ognuno ha le proprie corde. Basta saperle toccare”. Pensieri profondi. Perché, per dirla con don Mazzi, i ragazzi sono mente, corpo, ma soprattutto cuore.
Vittorio Scarpelli – Gazzetta del Sud