Il fatto è accaduto il primo settembre nel Parco Bartesaghi nella frazione di Barberino in Valtellina. Tra la gente che si prendeva un pò di fresco c’era anche Hafsa, quindicenne, con la cugina. L’afa era opprimente e un corso d’acqua ben conosciuto, era lì a due passi. Hafsa accalorata per vincere il caldo andò a buttare le gambe nel torrente Mallero. Purtroppo è scivolata, e l’irruenza molto forte dell’acqua in un attimo la risucchiò, tra le urla e occhi spaventati della cugina e della gente. Episodi di questo tipo ne accadono. Li definiamo: fatalità! Però, quanto è successo dopo questa disgrazia colpisce e sconvolge in tutti i sensi.
Il padre, marocchino, Ahmed, di 37 anni, falegname, appena seppe, di buttò insieme agli altri soccorritori per cercarla. E da quel pomeriggio, in poi, ogni mattina raggiungeva l’Adda in bicicletta, si tuffava e disperatamente cercava, tra una bracciata e l’altra, la sua creatura per l’intera giornata. “Non mi fermerò fino a quando il fiume non me la restituirà”. Scandagliò acque minacciose, rischiando la sua vita. Il fiume doveva restituirgli la figlia. Fu così fino a domenica 20. Due pescatori casualmente hanno notato un corpo galleggiante, sfigurato per i tanti giorni in acque sporche e maleodoranti. “Si! È la nostra bambina! La porteremo appena possibile in Marocco e li avrà i funerali e poi la sepoltura!”. Dolore immenso, dignità sconfinata, lacrime e parole come pugnalate al cuore.
Che nome diamo a questo padre? Che titoli usiamo per spiegare questo miracolo? Avete trovato, perché io nonostante il mio lavoro, non l’ho mai trovato una paternità capace di morire, senza darsi le arie dell’eroe, per cercare una figlia morta. Perché in questo caso non c’erano speranze, ideologie, amori soprannaturali. C’era Hafsa! Il papà la voleva vedere, abbracciare, da morta. Non si aspettava paradisi. Padreterni che l’accogliessero lassù. Aggiungo, con disagio, che era un marocchino e per molti cattolici, quelli dell’altra parte, del mediterraneo, sono intrusi, fanno parte di coloro che dovrebbero stare in mezzo al mare, dovunque, ma mai qui da noi a casa nostra. “Mia figlia!” E’ stata sufficiente questa frase perché un falegname di colore facesse arrossire noi bianchi. Hafsa dove andrà dopo la morte? In paradiso, all’inferno? Abbiamo ancora il coraggio dopo questo incredibile gesto di crederci migliori del falegname marocchino?
Don Antonio Mazzi