Qualche tempo fa, siete venuti a cercarmi in Cascina nel Parco Lambro, mi avete caricato in macchina e siamo andati nella vostra base a Cambiago. Mi avete chiesto di fare il cappellano del gruppo e mi avete regalato pure la maglia neroazzurra. Siamo stati insieme l’intero pomeriggio, chiacchierando, ascoltandoci, ma soprattutto per chiarirci a vicenda. Io sono interista da sempre, ma soprattutto ho usato lo sport come un’ottima occasione per educare e rieducare, per divertirci e perché, da qualche tempo, il calcio mette insieme tutte le generazioni e quantitativamente è l’unico fenomeno di massa sano. Dentro questo aggettivo sta l’intera strategia e il ruolo equilibrante o squilibrante non solo del calcio, ma di tutti gli sport. Per “sano” intendo che corpo, testa, simpatia, massa, stimolazioni, occasioni e provocazioni riescono a trasformarsi in manifestazione dagli effetti potenti, talvolta sul filo del violento senza oltrepassare l’ultima linea della legalità e dalla convivenza pacifica.
Per continuare poi, a riflettere sull’aggettivo “sano”: il tifoso vero dovrebbe essere uno per cui lo sport non è solo un’occasione per buttare dalla curva dello stadio tutto quello che con lo sport vero non c’entra niente, cioè alcol, droga, violenza delirante, ma soprattutto occasione ottima per stare con i figli, con gli amici, per coniugare divertimento, regole di gruppo, per agire e reagire nei modi e nei momenti giusti, per godere quando si vince e quando si perde, perché la cavalleria, il così detto terzo tempo, porta a casa l’intero gioco. E per intero intendo gli aspetti umani che fanno sì che in ogni partita o in ogni campionato non esista solo la voglia di vincere comunque, ma la voglia di divertirsi. Fate attenzione che la mentalità della “curva” può esistere sia dentro sia fuori dallo stadio.
Tutte queste cose ce le siamo dette. Ho con particolare interesse quelli che nelle curve non sempre peccano di buona condotta. Avete accettato e ho accettato anch’io, non di essere soltanto il cappellano (parola che non mi affascina) ma di comparire nei tempi giusti per prevenire o discutere sulle priorità vere per una tifoseria vera. Perciò non voglio essere preso in giro. Riparte il calcio post virus, con tanti problemi. Quest’anno dobbiamo essere noi a tonificare l’ambiente per riportarlo alla festosità. Dobbiamo ritrovare positività, amicizia, socialità e serenità.
Vi ho scritto perché in questi giorni qualcosa è accaduto di antipatico, come già sapete, ma quando accetto un impegno, lo mantengo.
Spero che ci vedremo anche in curva, quando il virus lo permetterà. Ne abbiamo bisogno, non solo come interisti, ma come gente che ha fretta di tornare insieme e di vedere tante facce contente, urlare, abbracciarsi e finalmente a sorridere. Perché in questi mesi, abbiamo perso anche il sorriso.
don Antonio Mazzi su “La Gazzetta dello Sport”
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