L’Italia cambierà solo se torneranno a trotterellare per casa i bambini.
Non aspettiamo l’occupazione, la rimessa in sesto delle finanze centrali, ad avere un po’ più di certezze e un po’ meno di povertà.
Anche perché gli unici a fare i figli sono rimasti i poveri.
I bambini non hanno bisogno di padri professionisti, di carrozzine elettroniche, di camerette piene di giocattoli, di catenine d’oro e di una casa con doppi servizi. Hanno bisogno di vedere la dolcezza nel volto della donna che per mesi hanno ascoltato da dentro, che se la sono annusata millimetro per millimetro, tra melodie e sussurri sempre diversi e mai eguali.
Dice lo psicanalista Recalcati: “Dar la vita ad un figlio è un gesto che ribadisce che gli essere umani non sono fatti per morire, ma per nascere. Se la vita perdesse il suo legame profondo con l’evento della nascita, non sarebbe più vita umana”.
È vero che le donne devono essere riconosciute, capite, vissute, accolte, accettate come donne. Ma non è sufficiente! Anche le donne non devono diventare meno donne, cadendo in una società anaffettiva. Non voglio tornare al Medioevo e tanto meno fare il cattolico bigotto. Voglio solo donne più donne: con la dolcezza, il fascino, la rabbia, la scaltrezza, la fioritura permanete, la speranza, con l’oceano negli occhi, con la brezza mattutina nelle mani, mani di mamma che sono vere quando hanno la creatura da coccolare. Sì! Perché gli occhi incantano, ma sono le mani la nuova pancia, diversa, ma subito famigliare e incantevole, della creatura appena partorita.
Sopporto case brutte, belle, ville, cascine, capanne senza un mobile, ma non sopporto case senza le strilla di bambine e di bambini.
Ricordi d’infanzia
Io sono nato in una casettina di campagna, con le scale di legno. Ho dormito in una specie di letto con mio fratello tutta l’infanzia, nell’unica camera, con la mamma nell’angolo, su un sofà che sonnecchiava.
Ho mangiato quando c’era qualcosa da mangiare e il primo vestito decente l’ho indossato il giorno della Prima Comunione. Però adoro questa mia infanzia. Non la cambierei con nessun’altra e la vivo quasi fosse il capitolo più importante della mia vita avventurosa e impensata. Piango solo l’assenza di mio padre, morto a 30 anni, quando avevo quindici mesi. Sto ancora aspettando ardentemente di poterlo vedere e abbracciare.
Però, donne carissime, non giocate la vostra straordinaria alterità con la parità di stipendio o con la speranza di un “contributo per il di più lavorativo famigliare”.
Noi uomini siamo gli aggettivi della storia, voi siete i verbi presenti e futuri. Non precipitate nelle nostre necessarie banalità. Lasciate ai soldi, ai ruoli, alle organizzazioni, il peso che hanno. Noi uomini, essendo aggettivi, ci attacchiamo lì e crediamo che mettendo anche voi sulla stessa piattaforma, si sia riscoperta la femminilità di cui tanto si va chiacchierando.
Siete voi il mondo, l’avvenire, la cellula vitale. Sono usciti dalle vostre pance i sette miliardi di persone che fanno il bene e il male di questo secolo.
La nostra pancia, da aggettivo, si ferma a Cracco, alla palestra, alle banche e alla BMW. Arriviamo lì!
La scoperta della donna, della femminilità ha ben altri orizzonti. Se tornate (faccio un frontale!!) ad essere insieme donne e madri, cambierete anche l’egocentrismo suicida di noi maschilisti.
Finisco tornando alla prima riga. Saranno le donne e i bambini a rimetterci tutti in fila e non il Coronavirus. E, questa volta, la rinascita, o sarà per l’intero Paese o la sconfitta non avrà giustificazioni.
Dice il teologo Boff: “Tutti ci apparteniamo e tutti ci troviamo all’interno di un campo che può scatenare le due energie: o benefiche o malefiche. Ricomponiamo l’Universo!”
don Antonio Mazzi su “Oggi”- n.29