Caro direttore,
noi del Terzo Settore dobbiamo diventare forza politica e smettere di fermarci alla distribuzione dei pani dei pesci, mentre una gabbia di matti in quel di Roma non ha ancora capito che sono loro la causa principale, dopo il coronavirus, della doppia disgrazia che sta maciullando l’intera Italia.
La prima disgrazia, inutile dirlo, è la bestia che avanza a velocità sempre più micidiale mentre i nostri baruffano. La seconda sono le manifestazioni in cui devastatori si frammischiano tra gli onesti e i veri colpiti dal disastro. Le due cose insieme allargano il fenomeno rendendolo, oltre che sanitario ed economico, quasi terroristico. Non sottovalutiamolo.
Devono essere i sindacati per primi a capire che stanno crescendo fianco a fianco il dolore e la trasformazione del dolore in macelleria sociale. E noi del Terzo Settore dove siamo?
Non sarebbe ora che scomodassimo, fregandocene di tutto e di tutti, i Palazzi delle baruffe obbligandoli a fare le dieci cose che anche il Direttore Fontana ha suggerito nel giornale? Il primo a far disastri dentro il Tempio è stato Cristo, quando ha capito che il Tempio veniva scambiato per il mercato delle vacche. E noi?
È stato superato ogni limite e, a causa di personaggi irresponsabili e borderline, la morte fisica e la depressione generale hanno ridotto l’Italia a terzo mondo. Una nazione diventata terzo mondo, perché governata da incoscienti più attenti ai loro orticelli “sacri” che ai veri campi di battaglia.
Se torniamo un po’ indietro nella storia, troveremo in periodi come questi preti e cattolici veri in testa al popolo, da Martin Luther King in poi. Non credo che Cristo volesse gente che accende candele alla Madonna permettendo nel contempo alla politica di giocare a chi urla e a chi offende di più. L’Italia vera non è viva ma intubata e l’Italia “dei violenti”, invece, è più viva che mai. Urge vederci presto “insieme”.
Il famoso proverbio “In medio stat virtus” mettiamolo in biblioteca e teniamolo buono per, spero, tempi nuovi.
Don Antonio Mazzi