L’IMPORTANZA DI PRENDERSI IL TEMPO

09/10/2020


«All’inizio del percorso», spiega Franco Taverna, Coordinatore Nazionale del progetto, «non avevamo pensato alla possibilità di “prenderci una pausa”. Ma di fatto questo è un progetto assolutamente sperimentale, quindi, dobbiamo essere sempre pronti a rimodulare la rotta e riorganizzarci».

Nove ragazzi, quattro educatori, un formatore e una volontaria “sorella maggiore”. E il tempo. «Il tempo», continua Taverna, «è l’unico dato rilevante per il riscontro delle esperienze positive in chi proviene da storie difficili che sono cominciate male, in chi deve affrontare un cambiamento radicale della vita. Il successo di un intervento è strettamente correlato alla durata dell’intervento stesso. Perciò ci siamo dati, per ogni Carovana, un tempo di 5 mesi. Ma eravamo consapevoli che per un giovane adolescente 5 mesi è un tempo davvero lungo».

Perché dunque fare una “pausa”? «Stando a contatto 24 ore al giorno con i ragazzi abbiamo capito che in questa fase di crescita è importante che loro percepiscano la dimensione delle tappe del cammino. Devono sentire di “aver raggiunto qualcosa”. Nei primi mesi di carovana l’obiettivo è stato quello di mostrare a loro che c’è un’alternativa, un’altra strada da percorrere. Verificare anche la possibilità che si può stare lontani da certi ambienti. Ma adesso è fondamentale fare ancora un altro passo in avanti: provare a comprendere la responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri. Moltissime cose in carovana vengono ancora svolte “sulle spalle degli educatori”. I ragazzi non hanno ancora consapevolezza di come le loro azioni influiscano anche sugli altri. E questo non ci meraviglia: la mentalizzazione del reato è uno dei compiti più delicati».

Per questo, qualche giorno di verifica, di rientro a casa per i ragazzi è fondamentale. «Mettere alla prova i ragazzi significa far in modo che si rendano conto delle conseguenze dei propri gesti. Ed è tra questi due passaggi che c’è bisogno dell’esame di realtà. Capire se anche lontani dalla carovana, dove si svegliano e vanno a dormire rispettando certi orari, hanno un’alimentazione regolare, non fanno una “vita balorda”, riescono a mantenere ritmi di vita sani o ricadono nelle vecchie abitudini. Qualcuno dei ragazzi pensa di aver già raggiunto l’obiettivo che si era prefissato quando ha iniziato il viaggio in carovana. Ma finché si resta in carovana non si ha una presa di coscienza diretta sul piano di realtà. Quindi prendersi il tempo per “ritornare alla realtà” della vita di tutti i giorni è un momento di verifica per capire se le cose imparate in carovana reggono alla prova dei fatti».

Come nello sport – continua Taverna - nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, siamo negli spogliatoi per analizzare le azioni, gli errori, i goal/le conquiste e, se necessario, per rivedere e ritarare la tattica di gioco.” Finito questo intervallo, questo spazio di tempo fisico e metaforico per riflettere e far sedimentare quanto vissuto finora, la Carovana Pronti, Via! ripartirà per la seconda parte di cammino che li porterà in centro Italia, fino al loro rientro a Milano previsto per Natale.

L’intervento quadriennale del Progetto Pronti, Via!, selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa, è nato per dare una risposta psico-socio-educativa a minori sottoposti a misure restrittive da parte della Autorità giudiziaria, attraverso una intensa esperienza educativa itinerante che fa parte del Dna di Exodus e che mira a diventare proposta strutturata integrata dei servizi giustizia minori.





Redazione