QUEI FIGLI SMARRITI NEL PASSAGGIO TRA INFANZIA ED ETA’ ADULTA

11/12/2020


Vorrei che alcuni delitti terribili, come quello di Monza dove due adolescenti sono accusati di aver accoltellato a morte un quarantaduenne che procurava loro stpefacenti, venissero interpretati e intravisti attraverso riflessioni dolorose, strazianti, ma che non andassero oltre. Tutti, sui due ragazzi, hanno già parlato, come sempre si fa, di droga, di spaccio, di famiglie strane, di soldi e subito dopo di galera, di coltelli e di assassini.

Lascio alla giustizia e a chi conosce meglio il caso la sentenza e la pena. Invece, permettete a me, di sussurrare poche idee che vivo sulla mia pelle e soprattutto sento dentro al mio cuore. Da tempo vado scrivendo che l’età tra i dieci e i quindici anni è diventata la più incompresa e la meno saggiamente accompagnata da adulti preparati. Le prime vittime di questo sviluppo fisico velocissimo e troppo anticipato sono proprio i quattordicenni, lasciati soli da genitori disorientati da insegnanti poco motivati e da strutture inadatte e mal gestite, oratori compresi.

A quest’età è l’esplosione del corpo che ha il sopravvento su tutte le azioni e sui disordinati pensieri che noi adulti chiamiamo interiorità, ma che dentro loro stanno facendo i primi pasi.

Per cui, la violenza non ha freni, il sesso nemmeno e la condotta non ha formulato un minimo di regole dentro e fuori casa. Noi abbiamo sottovalutato e a tutt’oggi sottovalutiamo questo ponticello strategico che la vita ha posto tra l‘infanzia e la prima giovinezza. Ci siamo accontentati di titolarlo adolescenza e ci siamo fermati lì. La radicale trasformazione, che io chiamo seconda nascita, dobbiamo avere il coraggio di fermarci per ascoltarla, capirla, per poi trovare parole, modi e gesti per orientare i nostri “nuovi” figli, ancora in balia degli istinti.

Tutto questo lo ribadisco per due motivi: il primo, perché la scuola media inferiore, essendo l’età nella quale i nostri ragazzi stanno attraversando il ponticello, deve ripensare l’itinerario scolastico con modalità completamente diverse.

Il secondo, perché il territorio, (e qui penso soprattutto alle periferie) aiuti genitori, centri sportivi, ambienti giovanili e collochi tra le sue priorità il coordinamento e la promozione di animatori e di educatori di strada, capaci di far attraversare quel ponticello strategico tanto importante come altrettanto fragile e che da qualche tempo è diventato più cimitero che ponte, a causa di cattivi maestri.

Non possiamo subire questi drammi e chiuderli dentro alle pagine di giornali o alle carceri minorili. Trasformare le primavere dei nostri figli in un campo di crisantemi è un fallimento per tutti.

Don Antonio Mazzi