Non è un problema da poco quando leggi che i nostri giovani, già molto pochi perché noi italiani abbiamo deciso di comprarci una macchina, o una casa al mare e in montagna, piuttosto che fare figli perché, sempre secondo la nostra testa, i figli verrebbero a costare molto di più e le nostre donne, in una società complessa come la nostra, correrebbero il rischio di far male le mamme e di far male anche le donne.
Non mi soffermo a parlare di numeri perché li leggiamo dovunque. Mi fermo invece su due riflessioni. La prima, che farei anch’io se fossi giovane, mi porterebbe, sia per motivi di studio, sia di lavoro e sia di cultura, già dal liceo, ad andare fuori Italia. Sono sempre stato uno spirito libero (si dice così per eleganza) e il mondo mi ha sempre affascinato. Ma il motivo della uscita non sarebbe stato certamente una fuga, o andare altrove per vivere meglio, ma ripeto, la grande voglia di conoscere, di incontrare culture diverse, di gustare le avventure.
La seconda riflessione, invece, è triste perché figlia di un malessere, spero solo contingente. Aggiungo al problema giovanile anche la “fuga” di aziende, di ricercatori, di cervelli, perché altri stati hanno introdotto maggiori agevolazioni fiscali e compensi molto più dignitosi. Torno però a sottolineare soprattutto le cose dette sopra: siamo il paese che fa meno figli, e nel quale i figli migliori, nel momento più bello della loro giovinezza, emigrano. Ai miei tempi emigravano gli italiani poveri, oggi accade il contrario: i poveri vengono in Italia e gli italiani, meno poveri, emigrano. Dire e sottolineare questo “pesante” fenomeno non è difficile e tanto meno difficile spiattellare numeri su numeri. Ma la cosa più dolorosa sta in noi adulti che ci fermiamo ai numeri. Coloro che ci governano e che dovrebbero prepararci all’Italia, all’Europa e al mondo di domani hanno in testa altre priorità. Questa miopia mi spaventa come mi spaventa la poca preveggenza con la quale tutti noi italiani stiamo affrontando il loro e il nostro futuro. E per futuro intendo: la riprogettazione del sistema scolastico, la riscoperta della coscienza sociale e politica, l’intera organizzazione economica e professionale.
Siamo il paese che riesce a contenere dentro di sé le contraddizioni più impensate.
Fino a ieri il positivo e il negativo erano distinti, la destra e la sinistra avevano spazi e programmi diversi, l’informazione avveniva attraverso canali, giornali, reti con un titolo preciso. Oggi siamo riusciti, non si sa come, a far sì che dentro la sinistra ci stia anche la destra, che giornali nati con linee politiche ben precise, siano caduti in “centro” che educazione e capriccio convivano, che alcuni mafiosi facciano più politica dei parlamentari. Dentro a questo bailamme, i giovani ancora onesti con sé stessi e con gli altri, vanno altrove. E credo, come molti credono, non solo per questioni “di collocamento”.
don Antonio Mazzi