Si riparte ancora dalla scuola. È da anni che questo problema gira su e giù per l’Italia e dentro le aule del Parlamento. Ora, affrontato dal Presidente Draghi dovrebbe finalmente assumere aspetti e risultati almeno dignitosi. Avanzo un però: pare che l’inquietudine o la paura di non poter portare a casa risultati dignitosi dipenda più dai 18 miliardi da spendere in breve tempo che dai problemi così gravi presenti nella scuola tali da doverla cambiare radicalmente almeno in alcune sue parti. E sarebbero: la preparazione dei docenti universitari attinente agli ambiti educativi, il mondo sindacale che dovrebbe assolutamente anticipare la difesa degli allievi prima di quella degli inseganti. Non può un sindacato proteggere gli operai dai padroni per poi lasciare sola senza la minima protezione la parte debole della scuola, con cattedre scoperte per settimane, con cambio di docenti ad ogni piè sospinto quasi i ragazzi fossero prodotti di poco valore. Mi domando: perché solo in questo caso vengono protetti i “quasi padroni”?
C’è poi un buco enorme tra le elementari e le superiori. Si chiama scuola media inferiore, che sopravvive ancora con normative nate quasi un secolo fa. Tra i 10 e i 14 anni i cambiamenti psico-fisici dei nostri ragazzi sono stati enormi, e noi, li trattiamo ancora come bambini un po’ più grandicelli.
Inutilmente le cronache ci raccontano di fatti “agghiaccianti” proprio in questa età. Noi leggiamo e passiamo oltre. I confronti con le altre nazioni europee ci umiliano. Le lontananze tra laureati e no sono abissali. Non voglio affrontare il bubbone. Burocrazia perché immortale. Forse in alcuni casi, le Regioni sono più avanti dello Stato e alcune esperienze non dovrebbero operare quasi fossero trasgressioni delle leggi. Non possiamo tornare sempre a don Milani per invocare scelte urgentissime e che molte scuole, in silenzio, stanno già vivendo.
Riassumo. Alle università:
- per insegnare ci vuole carisma, capacità di comunicazione, entusiasmo. L’attenzione degli studenti passa dai coinvolgimenti emotivi.
- la burocrazia sarà sempre la morte di ogni iniziativa culturale, scolastica, educativa, civile. A quando il sorpasso?
- la scuola non è nata solo per produrre ingegneri, avvocati, dottori ecc, ma per abituare al senso critico, per uscire dalla minorità intellettuale e dalla incapacità di servirsi del proprio intelletto senza dipendere da altri.
Maturità non significa sapere rispondere a quattro domande di filosofia o simili. In questa Italia uomini maturi capaci di stimolare i giovani di più e giudicarli di meno, ce ne sono ben pochi. E la scuola senza questi, rimane un rudere di lusso.
Torno ancora una volta alla mia idea di “villaggi scolastici”. Una scuola a tempo pieno aperta sul territorio che comprenda: cultura, Sport, amicizia, lavoro, convivenza tra docenti, giovani e genitori e che veda tra i docenti figure “polifoniche”.
Mi affascina una riflessione di Chandra Candiani. Arrischio di applicarla al mondo della scuola: “C’è in noi un bisogno radicale di riconoscimento che non ha niente a che fare con l’ammirazione, la stima, la fama. È come un bisogno di benedizione, di parentela o almeno di famigliarità, di iniziazione superata, di passaggio a stirpe che ti sceglie all’improvviso e ti dà il nome”.
Mi pare che i ragazzi abbiano bisogno di questo riconoscimento.
don Antonio Mazzi – su “Corriere della Sera”