Credo sia necessario ogni tanto fermarsi per riflettere ed eventualmente per rivedere situazioni sempre più dolorose e delicate che accadono attorno al bosco di Rogoredo, una delle piazze di spaccio più grandi d’Italia, senza però credere che tutto accada nei dintorni.
Il covid ci ha presi un po’ tutti ed ha quasi esaurito le nostre forze migliori per superare questi mesi così apocalittici. E la buona volontà, l’impegno politico e il grande aiuto dei vaccini ci sono venuti incontro, riportando speranza anche in persone e in cittadini travolti dal nemico invisibile e inafferrabile. La battaglia sta portando segnali di piccole e grandi vittorie, lasciando, però, indietro problemi forse meno travolgenti, ma non meno gravi. E qui torniamo a Rogoredo e dintorni.
Il moltiplicarsi dei problemi e dei fatti legati alle sostanze stupefacenti, nel periodo scorso è stato sottovalutato, o, meglio lasciato un po’dilagare. Ed oggi ne subiamo le conseguenze, difficili da intercettare. Il Gruppo di Milano del Corpo Italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, impegnato con un presidio socio-sanitario, ha fatto bene a riportarci sul concreto, e il libro di Simone Feder “Alice e le regole del bosco” ci offre altre occasioni per mettere insieme i pensieri, le azioni, le metodologie e il coraggio di camminare lungo i sentieri della tragedia e della disperazione. Non dobbiamo assolutamente fermarci ai racconti e agli articoli sempre più allarmanti. Noi, gente del terzo settore, dobbiamo dare risposte e offrire spunti di riflessione che devono contenere non solo le letture della realtà, ma soprattutto la speranza che se tornano a funzionare le reti torna l’arcobaleno anche sul maledetto bosco di Rogoredo.
Mi dispiace dire “maledetto” perché quello che accade lì è un pezzetto della storia degli uomini del nostro tempo, e gli uomini non possono essere mai maledetti. Ma certe volte alcuni luoghi pare che vogliano mangiarsi, annullare, distruggere anche i ragazzi che non sono per niente caratteriali o disadattati. Hanno solo sbagliato o hanno trovato amicizie sbagliate. Faccio una proposta. Come esistono gruppi che trascinano nel vortice i loro compagni, perché non possiamo formare, preparare gruppi che al contrario, insieme a noi volontari, riportano sui sentieri “sani” i loro amici? Queste “pattuglie dei sentieri sani” sono disponibili. Mi chiedono da tempo come fare per fermare l’altro tipo di “virus”, che sta maliziosamente infettando non solo i boschi, ma anche le case, le strade, le piazzette, e le teste dei loro coetanei. Tocca a noi del Terzo Settore, unirli, incoraggiarli e accompagnarli.
don Antonio Mazzi