Carissimi del PD,
vogliamo finirla con le sceneggiate da strapaese, con i battibecchi da gente maturata nei frigoriferi, egoista, insensibile, e non solo attenta appena alle poltrone? Qui si tratta di tradimento agli ideali e ai principi etico-popolari, dai quali la vostra squadra è nata. Già altre volte, noi del sociale, del Terzo Settore, delle associazioni, delle comunità, dei numerosissimi gruppi solidali, abbiamo lanciato inutili messaggi, con proposte socio politiche serie, perché questo settore è frequentato da qualcuno che starebbe molto più degnamente al vostro posto, anche in piedi.
Tutto è stato inutile e quasi banalizzato. Per voi la politica è un affare! Oggi ho preso in mano la penna felice di offendervi (passatemi il termine) perché l’ultima mossa del segretario, che ipocritamente avete chiesto venisse ritirata, anziché disintossicare, chiarire, e riunire il gregge, come è stata proclamata, ha definitivamente aperto lo sfaldamento del gruppo.
Scrive Gianrico Carofiglio: “L’assenza di pazienza cognitiva rende vulnerabili alle menzogne del potere. La rapidità di certe scelte dovrebbe essere il risultato della combinazione di competenza e padronanza. Davanti a situazioni cruciali, il colpo ad effetto, espone ai rischi della manipolazione e del fraintendimento”.
Non sono questi i segnali che una squadra di alta classifica, deve mandare dal campo alle periferie e alla gente che accanto ai problemi personali, mette quelli sociali, quelli sanitari, quelli giovanili e quelli produttivi. Urgono politiche serie, attente, disinteressate, e pronte a sacrificarsi per dare risposte coerenti. Giunti all’ultima spiaggia, se c’è ancora voglia e fede in una formazione partitica che sappia mettersi appassionatamente sulle strisce di ripartenza, sconvolta dalle terribili emergenze che rimbalzano di ora in ora, portandosi centomila morti, ospedali strapieni, scuole e aziende chiuse, il gruppo deve rinascere. Non bastano quattro cerotti, nuovi segretari, la solita conferenza programmatica e le attese del Congresso. Vanno riscoperte le radici, con umiltà e saggezza, che in qualche angolo del Palazzo, potrebbero ancora sopravvivere, magari avvolte nelle ragnatele.
Non è possibile che gente come voi cada così in basso, senza battere ciglio. Qualcuno va dicendo che nulla mai cambierà, tanto meno gli esseri umani. Nonostante io, stia assistendo a questo vostro maldestro spettacolo, credo ancora al detto di Gandhi “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Le cose migliori sono nate nei tempi peggiori. Le Nazioni Unite, nacquero dopo infinite guerre e la Democrazia italiana, dopo il fascismo. C’è tutta una storia dell’umanità a testimoniare un continuo cambiamento sempre doloroso, spesso lento, talvolta ambiguo, tuttavia reale. Siamo in un momento drammatico, inaspettato che ha travolto la storia dei nostri giorni.
È arrivato il tempo delle scelte. Sarebbe auspicabile che tutti noi, ma soprattutto voi, ci ponessimo la domanda sulla qualità della nostra umanità e della nostra socialità, per poi promuovere presto, insieme e con la coscienza distrutta, la risposta anche se pesante, laboriosa, radicale.
Rubo a Vito Mancuso le ultime frasi del suo libro, “Il coraggio e la paura”. Ve le lancio, perché caratterialmente io ho sempre lavorato sperando l’insperabile: “La vita è tutto un pericolo. Chi vuole eliminare il pericolo, vive metà vita, senza rischio, senza ardire e senza ardore. Rompete gli equilibri, le mezze misure e le simmetrie partitiche. Tornate a danzare sulle pendici del vulcano. Perché le radici e le pendici, non possono essere vissute dalle poltrone”.
Don Antonio Mazzi