Caro direttore,
è passata quasi sotto silenzio la Giornata Mondiale Lotta alla Droga (26 giugno). Per noi del Terzo Settore urge lavorare uniti, insieme per “contare”. È tempo di liberare e sostenere l’azione del Terzo Settore come partner tra il privato e lo statale, perché siamo strutture pubbliche che fanno un servizio pubblico. Urgono nuovi rapporti. Non più di cooptazione ma di responsabilità condivisa nelle cabine di regia nazionali, regionali e territoriali, dove si designano i piani, si decidono i budget, si assegnano le risorse, si valutano i risultati raggiunti.
E anche noi, finiamola con i campanili e con le strategie del secolo scorso. Fa ridere la nostra politica ferma ancora alle siringhe pulite, alla riduzione del danno, alle droghe leggere. Questi sono discorsi di trent’anni fa. Così siamo fermi agli anni ’90 del secolo scorso.
Questo mondo del disagio e delle dipendenze è esploso in casa, nelle scuole, nello sport, negli oratori, nel lavoro, nel tempo libero, nel gioco. Ha travolto l’intera adolescenza. La capacità e la velocità di questo “virus, nel virus”, ci ha colti divisi, impotenti e incapaci di relazioni vere tra pubblico, privato, scolastico, sociale.
Dobbiamo unirci per fare proposte e richieste:
- la Conferenza Nazionale sulle dipendenze. E proprio in questi giorni, dopo dieci anni dall’ultima, sembra che qualcosa si stia muovendo. Proporrei anche Conferenze Regionali preparatorie;
- creare strutture diverse, passando da comunità terapeutiche a micro centri giovanili. I ragazzi arrivano da esperienze diversissime e soprattutto vivono disagi, depressioni e solitudini che non dipendono solo dall’abuso di sostanze;
- creare equipe multidisciplinari: abbiamo bisogno sì di specialisti, ma abbiamo bisogno anche di animatori sportivi, di artigiani, di musicisti, capaci di creare un modo diverso di “rinascere”.
- meno burocrazia e più finanziamenti: Non elemosine (non siamo mini-caritas laiche);
- lavorare per una “nuova scuola media” e una preparazione universitaria diversa per i docenti, che non devono solo passare nozioni, ma devono imparare a guardarsi negli occhi e capire come comunicare, come creare relazioni con questi ragazzi;
- inventare un Ministero per i Giovani presso la Presidenza del Consiglio, non per i problemi dei giovani, ma per la politica dei giovani, perché dobbiamo arrivare prima dei problemi.
Urge, quindi, un intervento globale, che arrivi alla famiglia, allo sport, alla scuola, al lavoro. Va superata la crisi dell’educazione.
Per arrivare fin qui, non credo sia sufficiente una politica più seria. Spero che in tutti esista il terribile bisogno di scelte vere, di uguaglianze autentiche e di fraternità operative.
don Antonio Mazzi