Le miriadi di sostanze che stanno invadendo il mondo giovanile ci devono mettere in guardia per chiari motivi, il primo dei quali è la giovane età e l’incoscienza con la quale vengono assunte. Una ricerca, Selfie, condotta da Fondazione Exodus e da Casa del Giovane di Pavia mostra che il primo incontro avviene a 12 anni.
Riporto una storia che mi sono trovato tra le mani. “Mi chiamano in tanti modi… da bullo, a strampalato, a ribelle, fino a “il Brillante”. Sono da pochi mesi, purtroppo, finito in comunità per uso e abuso di sostanze, per truffe e spaccio e varie. Le mie prime bravate le ho cominciate a undici anni, partendo dalle canne per arrivare in un anno a miscele pesanti e allo spaccio si svapo, fumo e cocaina. Purtroppo il cambiamento è stato velocissimo e totale.
Gli amici li ho scelti sbagliati e più grandi di me. Li ho usati e manipolati, perché il mio carattere forte (all’apparenza) e strafottente ha subito fatto breccia su di loro. Mi sono creato subito il personaggio Roby. Non ho mai sopportato regole, ribellandomi e scappando di casa nonostante i miei avessero fatto il possibile e l’impossibile. Sono arrivati a nascondermi perfino le scarpe per non farmi uscire. Una delle tante avventure è stato il capodanno a Rimini, con tutto quello che potete immaginare… Ed ora sono qui non per scelta, ma perché i carabinieri mi hanno beccato dicendomi che dovevo andare in comunità. So che ho fatto disperare i miei, ma sono fatto così. Mi viene voglia di spaccare tutto e me la prendo con tutti e tutto. E ho voglia di scappare”.
Tralascio il resto della lettera, perché mi fa troppo soffrire. A questo punto però, dobbiamo farci tutti delle domande. Siamo davanti ad uno dei troppi casi che da tempo esplodono in età che fino a ieri pensavamo ancora quasi innocente. Non voglio fare prediche ai genitori, perché anche per loro queste situazioni sono nuove e sconvolgenti. Urge attivare, come ho detto altre volte una rete che coinvolga la famiglia, la scuola, i servizi sociali, le forze dell’ordine, gli oratori. Per rete non intendo riferirmi ad interventi punitivi, ma preventivi e collaborativi.
Le attività della scuola media non possono essere solo culturali e istruttive. I docenti vanno preparati per insegnare ai ragazzi di oggi e i programmi devono comprendere l’intero ragazzo che abbiamo nel banco. Il corpo, in questa prima adolescenza, va aiutato ad esprimersi non a comprimersi. Quindi la musica, lo sport, lo spirito di gruppo, la coscienza del sociale, devono fare parte integrante del programma e aggiungo, il lavoro degli insegnanti deve essere sintonico, complementare e collegato alle famiglie e al territorio. Solo così possiamo arrivare prima.
Don Antonio Mazzi