Davanti ad un adolescente non ci sono metodi, ma storie. C’è un corpo in ebollizione. Ci sono episodi passati che si stanno convertendo in gesti, in nostalgie, in autodistruzioni, in violenze, in sogni. Sono migranti senza riposo, senza sosta, con le radici che pian piano sventrano il terreno. Sono ragazzi che al mattino maledicono la vita, e il pomeriggio, sognatori che costruiscono il loro nido sugli alberi del futuro. I discorsi sull’uomo in divenire non sono discorsi per gli altri, ma soprattutto per noi cosiddetti educatori “con i dentini da latte”.
Ogni ragazzo è un mondo, e noi vicino a lui non possiamo presumere di delineare strade, sentieri, regole, progetti, perché il mondo non lo capisci attraversando le pagine dei libri di pedagogia. Se invece, con un po’ di umiltà ci avviciniamo ai preadolescenti (li chiamavamo così una volta) che da qualche tempo spuntano già dai banchi della quinta elementare, capiremmo subito che tutto è cambiato.
Colpa del Covid o di una società sballata di suo, ci sono ragazzini/e di dieci anni che si sono tagliati le braccia, hanno fatto uso di sostante, passeggiano in lungo in largo su TikTok, su Instagram, con qualche episodio di anoressia e di tentato suicidio. Sottolineo che parlo di nove-dieci anni. Per cui anche noi educatori, non solo i genitori e gli insegnanti siamo disorientati e colti in contropiede.
Con i responsabili delle mie realtà sto pensando come interpretare queste nuove situazioni e quali proposte inventarci. Già da qualche tempo, con gli adolescenti 14/18 abbiamo organizzato alcune carovane più o meno lunghe e più o meno impegnative. L’avventura è piaciuta, soprattutto quando strana, male organizzata, in bici, o in camper, mangiando panini e pizze, dormendo per terra e sfidando il tempo, le notti, le centinaia di chilometri, e i lavori di gruppo sotto le stelle, qualche volta urlando, altre volte piangendo.
Ho detto: male organizzata, per intendere che le carovane non sono passeggiate scolastiche o pellegrinaggi che noi, solitamente, organizziamo nei minimi particolari. L’avventura nella loro testa non è quella immaginata della nostra testa. Mi è parso strano vedere ragazzi stravolti, gobbi, con le scarpe da tennis sfondate, saltarmi addosso per ringraziarmi. Partiremo da qui, anche per arrivare - con l’aiuto dei genitori (?) - a quelli che fino a ieri erano i nostri piccoli, e che oggi sono le nostre tragedie. Ce la faremo!
don Antonio Mazzi su “La RAGIONE”